Genitori, figli, educatori. Il caso Venturi

Genitori, figli, educatori. Il caso Venturi

 Il figlioletto di Azzurra andava a scuola dalle stesse suore presso le quali aveva frequentato la materna. Mamma e bimbo si erano sempre trovati benissimo in quella scuola. Il fatto accadde quando il bambino, Carlo Maria, aveva appena compiuto 8 anni. L’intera classe era stata invitata alla festa di compleanno di una bimba che stava fuori città. Azzurra espose al figlio il suo disegno di proporre ai Signori Venturi, che abitavano non lontano da loro, di dividere con loro l’accompagnamento del figlio Venturi e di Carlo Maria: il genitore di un bambino avrebbe portato entrambi alla festa e tre o quattro ore dopo il genitore o la genitrice dell’altro sarebbe andato a riprenderli.  

Carlo Maria: «Ma no mamma, il Venturi non viene!». Azzurra: «E perché? È malato?».

«Ma cosa dici! Venturi non viene perché suor Clara non dà il permesso». Suor Clara era la maestra.

«E che c’entra suor Clara? Sono i genitori che decidono». «Ma i genitori di Venturi fanno tutto quello che dice suor Clara, e lei dice che Venturi è cattivo e che occorre rieducarlo con severità, sennò va mandato in un collegio severissimo».

«Figlio mio, ma tutto questo è impossibile! La suora è pazza? E che ha fatto di male Venturi?». «Ah! È cattivo, spesso fa i dispetti agli altri bambini, perché tutti lo scherzano, visto che suor Clara vuole così».

«Bimbo mio, ora cerco di capire meglio: suor Clara vi dice che Venturi è cattivo e vi lascia liberi di “scherzarlo”? E i genitori di Venturi lo sanno? Non mi dirai che sono d’accordo!?»

«Sì invece, proprio così, sono tutti d’accordo; ed è già pronto un grande certificato di espulsione del Venturi dalla scuola. Suor Clara ce lo fa vedere tutti i giorni e lo fa vedere sempre al Venturi. Tutti hanno firmato il certificato, Suor Clara e i genitori di Venturi. Manca solo la firma di suor Pierangiola, la direttrice generale. Lei ancora prega perché Venturi non sia più cattivo. Se sarà espulso dovrà entrare in un collegio severissimo, di quelli dove si sta anche di notte, e potrà vedere i suoi genitori solo alla domenica».

Azzurra pensò, per qualche istante, che suo figlio fosse impazzito, sebbene le delizie della scuola presso le suore le avesse provate anche lei, per un anno, da piccola. La giovane donna cominciò subito a telefonare a tutte le mamme che conosceva. La storia che suo figlio le aveva raccontato era vera fino ai minimi dettagli, incluso il “plagio” stoltamente subito dai genitori Venturi, legatissimi all’ambiente delle suore. La storia era anzi molto peggiore. Il bimbetto Venturi veniva costretto a vivere quotidianamente nell’angoscia e nel terrore, un Rosso Malpelo in versione fine secondo millennio; pertanto non solo era alquanto aggressivo e incapace, ovviamente, di concentrazione nello studio, ma ogni giorno a fine pasto vomitava se non tutto, un bel po’. Effetto del terrore anche questo. Con la concitazione che la contraddistingueva Azzurra cercò di smuovere le coscienze di quei genitori, a parole tutti pieni di compassione nei confronti della vittima e di sdegno nei confronti del carnefice: «Dobbiamo fare qualcosa! Questa situazione è intollerabile. Il fatto che i signori Venturi siano degli imbecilli non significa che noi possiamo restare indifferenti davanti alla sofferenza di un bambino che cresce con i nostri! Ma vi rendete conto che quella suora, CATTOLICAAA!!!, sta cristianamente facendo dei nostri figli tanti piccoli aguzzini sadici! Riuniamoci, facciamoci vedere compatti; senza minacciare nessuno, dolcemente, dobbiamo intimare alla suora di farla finita con questa storia. C’è da salvare un bambino!». Parole al vento.

Ad Azzurra non piacque mai, neppure a distanza di tanti anni, raccontare questa storia, e la raccontava infatti molto raramente: non a causa delle suore, ma a causa di quei genitori, tutta gente di ottimo livello, insegnanti di liceo classico, professionisti, imprenditori. Tutte le mamme (e tutti i papà, anzi questi peggio che andar di notte) in cuor loro, sebbene non lo confessassero apertamente, avevano una fifa blu che il [la] loro caro[a] pargoletto[a] – se appena si fosse intrapresa un’azione, anche blanda – subisse le ritorsioni di suor Clara e forse anche della direttrice. Azzurra era sola, sola, sola. Ed era mamma di un bimbetto che cresceva senza un papà accanto ogni giorno, dunque di un bimbetto più indifeso degli altri, forse. La donna pensò di togliere suo figlio da quella scuola, certo, sebbene essa distasse pochi passi da casa sua. Ma così la vittima sarebbe rimasta nelle grinfie degli aguzzini con la piena complicità di lei, di una mamma… le pareva che i suoi visceri si torcessero. Aveva uno strano modo istintivamente universale di vivere la maternità. Da quando era nato, meraviglioso, Carlo Maria, lei si sentiva madre di tutti i bambini del modo.

Nondimeno la giovane fu attenta a non agire in modo avventato. Si consultò con sua madre, la quale era proprio in un buon periodo, calma e attivissima nel volontariato. Si consultò anche con la sua insegnante di tedesco, una delle donne più mature, equilibrate, generose che lei avesse mai conosciuto. Le due signore, senza sapere l’una dell’altra, espressero identico parere. Visto che nessuno era disposto a supportarla, Azzurra andasse lei, da sola, candida come una colomba e astuta come un serpente, a parlare con suor Clara, e ottenesse la liberazione del bambino Venturi. Lei andò da suor Clara. Era piena di sensi di colpa nei confronti del suo figlioletto: non aveva detto nulla circa la sua risoluzione né al piccolo né al papà di questo. Sapeva che avrebbe esposto il suo bimbo alla ritorsione. E il suo bimbo era attaccatissimo ai propri compagni di classe. Essere costretto a cambiare scuola per lui sarebbe stato uno shock, Azzurra lo sapeva bene.

Vedendosi arrivare la mamma di Carlo Maria nell’orario di ricevimento suor Clara rimase stupita, e immediatamente disse che Carlo Maria era intelligente, molto benvoluto dai compagni e sempre alla pari con i compiti a casa. Azzurra lasciò che la suora terminasse il suo preludio e poi cortesemente disse che non era venuta per suo figlio. Espose quindi a suor Clara la propria vivissima preoccupazione – non tacendo che essa era condivisa da molti genitori di cui non voleva fare il nome — per il fatto che la classe si era trasformata in un gruppo di piccoli sadici che si accanivano contro un masochista nevrotico. Concluse affermando che la situazione poteva solo peggiorare a meno che lei, suor Clara, vero leader della classe, non assumesse un atteggiamento di viva riprovazione nei confronti delle angherie quotidianamente subite dal Venturi. La suora, colta alla sprovvista, cercò di farfugliare qualcosa, ma Azzurra in sostanza capì che “gliela dava vinta”. Già, perché Azzurra aveva suscitato nella religiosa, cosa che la giovane madre proprio non si aspettava, una terribile paura: forse quella mamma sarebbe stata capace di rivolgersi all’autorità giudiziaria.

All’indomani il certificato fu ufficialmente ritirato e da allora in poi la vita di Venturi dentro la scuola divenne assai meno penosa. Poche settimane dopo che il certificato fu ritirato e che tutti i bimbi ebbero ricevuto da suor Clara l’ammonimento a comportarsi bene nei confronti del Venturi, Azzurra, con cautela, informò suo figlio dei passi che aveva mosso. Il piccolo ne fu molto stupito, ma non ne fu per niente adirato. Dalle elementari uscì poi con “ottimo”, insomma fu uno dei tre migliori. In fondo suor Clara non era peggiore di tutti quei genitori. Azzurra, ogni volta che ripensava a quella vicenda sentiva ancora il groppo in gola: sentiva la repulsione morale per le angherie inflitte a un bimbo indifeso, ma sentiva un orrore ancora più grande verso la colpevole indifferenza di tutti quei genitori, che si dicevano “cristiani”; avevano temuto soprattutto, loro, che a causa del donchisciottismo di Azzurra alla prole loro potesse derivare qualche male indelebile.

Il Venturi restò antipatico per tutta la durata delle elementari. Alcuni anni dopo, alle medie (stesso ordine religioso, al maschile) trovò un giorno la forza per dire, pubblicamente e assai vivamente, che era stanco di essere lo zimbello di tutti e che la piantassero. La sua situazione migliorò ulteriormente. Lo psico-analista che aveva tenuto in cura Azzurra e tutta la sua familiarità – il quale che era molto vicino all’ordine religioso in questione, ma pure quella mamma e suo figlio lo erano – la schernì. Successivamente Azzurra non ricordò più le parole esatte di quel professionista: le pareva che secondo lui il comportamento della giovane donna fosse stato dettato da vanità, da ricerca di non si sa bene quali gratificazioni (ma non quella di “tirar fuori” Venturi dalla trappola). Questo analista approfittava del fatto che i suoi clienti-pazienti, essendo per via del transfert dipendenti da lui, non avevano il coraggio di chiedere la fattura. Uno che frodava il fisco abusando della debolezza di tantissimi sofferenti. Meglio suor Clara.  

© 2022 Maria Gabriella Riccobono All Rights Reserved