Il rospo, le lucertole, le martore e i pipistrelli: ordinaria vita estiva in campagna

L’estate dei pipistrelli e altri animali

L’abbattimento voluto da Eli di una serie di brutti pini aleppo sui terrazzamenti che, nella proprietà estiva di famiglia, digradavano in direzione del mare, aveva prodotto l’effetto desiderato. A lei sembrava quasi un miracolo; era riuscita a riavere un grande squarcio, una sorta di canalone, davanti al quale poteva sedersi sulla grande spianata retrostante l’abitazione e ammirare il panorama senza tempo delle serre che si susseguivano fino al mare, e il congiungersi del mare con l’orizzonte. Elesse il punto da cui si godeva la vista più incantevole a proprio luogo di studio e di lavoro al computer, poiché la grande quercia la riparava dalle offese del sole estivo. La proprietà di Montedeifrassini era ridiventata un giardino edenico. Durante il giorno la donna parlava molto con le lucertole, stando attenta a non spaventarle, ed esse ascoltavano attente. Non che fossero bestiole sempre ragionevoli. Una mattina una era entrata in casa dall’ingresso principale, il portoncino pedonale corrispondente a uno dei due cancelli sulla strada carrozzabile. Eli se n’era accorta e aveva chiesto gentilmente alla intrusa di uscire. Quella però, che doveva essere già stata afferrata dal panico per il fatto di sentirsi in un ambiente non suo, mentre a gran velocità correva sul soffitto in direzione del portoncino, perse l’equilibrio, proprio così, e cadde all’interno di una enorme testa di moro in ceramica piena di sabbia, che originariamente era stata un portaombrelli; sabbia alta almeno 60 cm. La donna comprese che l’animale era sotto la sabbia ma non sapeva che fare per aiutarlo; le sue forze non erano in grado di portar fuori la testa di moro pesantissima per rovesciarla. Lasciò aperto il portoncino e se ne andò. Non si sa mai, la natura ha tante risorse.

In effetti quando tornò, tre ore dopo, c’era un piccolo esercito di lucertole, che ne so, 8-10, piazzate sul gradino più alto, all’altezza del pianerottolo. Una era sicuramente il capo, non soltanto perché era forse quella dalle dimensioni più grandi ma soprattutto perché era davanti alle altre, con la testolina fieramente eretta. Guardò Eli con un atteggiamento e un’espressione di odio e di sfida. – Non è stata colpa mia, te lo giuro –, disse la donna rivolgendosi a cotanto duce – è entrata senza che me ne avvedessi, si è spaventata a morte ed è caduta per la fretta eccessiva di fuggire; non so come aiutarvi a tirarla fuori di lì. –

Quando tornò al portoncino, due ore dopo, le lucertole se n’erano andate. All’indomani venne il contadino gentile, Rosario Impastato, per eseguire certi lavoretti. Portò fuori davanti alla gebbia piccola la grande testa di moro e insieme alla donna la rovesciò completamente. Lei era sicurissima che insieme alla sabbia sarebbe uscito il corpo mummificato della lucertola paurosa. Uscì solo sabbia. Eli era stupefatta: in qualche modo, infondendo coraggio e tranquillità al rettile i suoi sodali erano riusciti ad aiutarlo a venire fuori. Eli non ci avrebbe mai creduto se non avesse constatato di persona la cosa.

A tarda sera era il momento del colloquio con il rospo che si era insediato presso la gebbia piccola, il quale aveva palesemente imparato a riconoscere la voce carezzevole di Eli e le teneva compagnia mentre lei ammirava le stellate o la luna (le stellate traggono splendore dall’assenza della luna). Era proprio un animale simpatico, peccato che fosse muto e non potesse rispondere alla domanda di lei se esso/lui non fosse per caso un bellissimo principe vittima di un sortilegio. Non sempre c’era il lieto fine: una mattina la donna trovò il suo amico rospo stecchito sulla strada. Un’automobile gli era passata sopra. Poiché tutti andavano a velocità moderata su quella strada stretta e parzialmente dissestata, l’investimento era stato sicuramente volontario. Perché gli esseri umani sono così cattivi?

L’ora del giorno maggiormente contrassegnata dagli animali selvatici era quella successiva al momento in cui il sole era stato completamente inghiottito dal mare. Arrivavano due martore che passavano di corsa l’una a destra e l’altra a sinistra della sedia su cui era seduta la donna e del suo tavolino di lavoro. La prima volta che le vide a lei sembrarono due enormi gattoni neri. Furono gli amici a spiegarle che erano martore. Lei aveva un po’ di paura, ma non abbastanza da rinunziare agli spettacolari tramonti estivi e alla dolcezza di quella luce dorata. I due gattoni non le fecero mai niente, non la guardavano neanche. Qualche volta li vide anche di giorno, accovacciati nella proprietà abbandonata dei suoi vicini Imperatore. Diversi amici della donna ricevevano la visita delle volpi, volpi vecchie, ovviamente, le quali erano contente di ricevere un piattino di cibo a sera, poiché ormai era per esse difficile procurarselo da sole. Le volpi, però, stavano più in alto. Non scendevano mai all’altezza della proprietà in cui abitava Eli.

Il crepuscolo, infine, era l’ora dei pipistrelli. Ne comparivano in particolare due, e all’inizio la donna non percepì esattamente da quale parte venissero. Agli amici che qualche volta le facevano visita a pomeriggio inoltrato, fermandosi fino all’ora di cena, la donna li additava con divertimento, sebbene avesse una invincibile e tutta femminile ripugnanza per quel tipo di bestie. Pur mantenendo una certa indipendenza l’uno dall’altro, i due animali svolazzavano spesso anche a distanza ravvicinata, quasi in coppia, compiendo ogni sorta di evoluzioni zigzaganti tra la casa, gli alberi che la fiancheggiavano o le stavano dietro, sulla spianata, e poi giù per il varco-canalone.

Quando scendevano precipitosamente venivano raggiunti in fondo al canalone da altri pipistrelli in prossimità o all’interno dei fondi che confinavano, in basso, con quello dei nonni di Eli. I pipistrelli stranieri si aggregavano ai due venuti dall’altro territorio in una sorta di danza macabro-funambolica, e seguivano poi i due verso l’alto quando questi rientravano nel loro territorio. Ma gli “intrusi”, dopo aver compiuto poche evoluzioni sopra la testa della donna, se ne tornavano definitivamente giù, mentre i due stanziali riprendevano a svolazzare in coppia oppure ognuno per conto proprio. A Eli piaceva pensare che fossero un lui e una lei e che tra loro vi fosse una liaison amoureuse se non un vero e proprio rapporto coppia-famiglia.

In ogni modo, data la sua repulsione per quelle bestie, stava bene attenta a chiudere le imposte della finestra e le porte della casona prima del calar del sole. Le porte di uscita sulla spianata erano doppie: composte, sul versante interno casa da due ante tutte in legno nella parte inferiore e in vetro incorniciato di legno nella parte superiore; vi erano poi due porte di legno esterne tutte a persiana, aperte di giorno, che la donna soleva chiudere quando si ritirava in casa per la notte, affinché coprissero le prime e dessero protezione alla casa. Una sera Eli dimenticò di accostare una delle ante a vetro della porta interna, che restò per metà spalancata. Mentre seguiva gli sgangherati volteggi della coppia di pipistrelli avvertì con la coda nell’occhio che uno dei due sembrava scendere in picchiata proprio in direzione di quell’apertura. Si alzò immediatamente, pur dandosi della stupida e della iper-ansiosa, perché non c’erano luci accese in casa che potessero avere attratto la bestia. Però dal vetro dell’altra anta interna, chiusa, si sprigionava un bagliore nitido. Continuando a darsi della stupidamente ansiosa la donna entrò cautamente nella stanza, il golfino di cotone sulla testa a proteggere i capelli. Nessun pipistrello svolazzava in quell’ambiente, luogo di lavoro di Eli  nelle sere di buio fitto o quando vi era maltempo. Lei chiuse bene sia le ante della porta

 esterna che quelle della porta interna, quindi cominciò, sempre con grande paura e grande cautela, a esplorare tutti gli altri locali al pianterreno che, come la sua stanza di lavoro, avevano la porta d’ingresso sul grande atrio interno centrale. Non vi era nessun pipistrello. Salì al primo piano e vi compì, con timore accresciuto, la stessa ispezione  già compiuta al pianterreno. Del temutissimo animale proprio non v’era traccia. Tutta rincuorata, e quasi ridendo tra sé della propria stupidità, tornò a sedersi al suo tavolino di lavoro davanti alle serre, all’ampio squarcio di mare aperto e all’orizzonte.

Si era ormai all’imbrunire. Eli notò che ora un solo pipistrello piroettava sguaiatamente tra la casona, la sua quercia, gli altri alberi e lo squarcio-canalone. La donna continuò a guardare intorno a sé e sopra di sé, nella speranza di scorgere l’altro animale nero alato. L’altro non comparve più. Era molto inquieta; nondimeno salì per le scale ed entrò nella sua camera da letto. Si fermò naturalmente prima in bagno. Tutto vi era a posto. Né sui muri del bagno e del corridoio né sui loro soffitti – le porte delle altre camere che si affacciavano sul corridoio erano state chiuse fin dal mattino – vi era alcun mostriciattolo per aria e neppure alcuna chiazza inusuale sul muro a parete.

Eli andò a letto relativamente rassicurata, ma all’indomani, dopo il calar del sole, si presentò nuovamente un solo pipistrello, uno soltanto, che tale rimase per tutta la durata delle consuete evoluzioni sgraziate. Eli ebbe la sensazione che il volo dell’animale, sebbene questo non facesse niente di diverso dal solito, fosse triste. La donna ebbe allora una paura tremenda di vedersi ora comparire nel corridoio al 1° piano l’altro pipistrello, svolazzante. Si ripeté invece la stessa situazione della notte precedente: tutto era in ordine, tutto era cheto, e lei dormì nel suo letto senza subire alcuna molestia. Nondimeno l’indomani mattina esplorò tutti gli anfratti interni della casa ove eventualmente, a parer suo, poteva essersi andato a rannicchiare il pipistrello, qualora davvero fosse entrato. Fu molto coraggiosa e accurata ma non trovò nulla. Sperava con tutto il cuore di vedere ritornare al crepuscolo la coppia e non una soltanto delle due brutte bestie alate. Ancora una volta, però, si presentò un solo lugubre animale nero. La donna cominciava quasi a sentirsi preoccupata per il compagno. La zona era piena di gatti randagi espertissimi nell’arte della sopravvivenza. Che il pipistrello fosse finito tra le grinfie di un micione astuto in un momento di volo quasi raso terra?

Quando a tarda sera Eli salì per andare a letto, un mostro alato nero, che le parve gigantesco e pieno di punte acuminate, svolazzava freneticamente impazzito nel corridoio del primo piano. La poverina spense la luce e scese precipitosamente giù per le scale. Per fortuna, due giorni prima aveva avuto l’accortezza di preparare tutto il necessario per la notte, dalle lenzuola, al pigiama, all’ipno-induttore al vasino nella sola cameretta singola sita al pianterreno. Non accese alcuna luce; si barricò nella cameretta e dopo avere espletato tutti i riti necessari venne colta da un sonno affannoso e pieno di incubi.

L’indomani mattina, la casa essendo allagata di luce, la donna rifece una ispezione del primo piano ancor più accurata, se possibile, di quella del giorno precedente, ma non riuscì a trovare il nascondiglio del pipistrello. Parlò al telefono con Floriana. Questa era preoccupata all’idea che il pipistrello si fosse fatto dentro casa un nido vero e proprio. Ciò Eli non credeva, perché gli animali sono guidati da un retto istinto, e la bestia non poteva non avvertire che l’interno casa non le offriva vie di scampo certe: sia di scampo da pericoli indefiniti sia di uscita verso la campagna alla ricerca di cibo. Eli spalancò tutte le finestre del primo piano che, da tre diversi locali, davano sul parcheggio. Alle 19.00 salì un poco spaventata a metà della scala per accendere il grande fanalone che irradiava alla bisogna luce su tutto il parcheggio ex-vigna. Alle 19.30, per un lunghissimo quarto d’ora, la donna cominciò a fare sbattere violentemente e rumorosamente tutte le porte del pianterreno poste al di sotto della zona in cui, con sicurezza, doveva aver trovato un nascondiglio il mostriciattolo schifoso. Poi, con il più lungo dei rastrelli, cominciò a picchiare con tutte le sue forze contro il soffitto del pianterreno, quasi palmo a palmo. Infine, stanca e preoccupata, raggiunse la sua postazione di studio e lavoro. Se non fosse riuscita a fare uscire il pipistrello neppure con tutti quegli espedienti, il giorno dopo avrebbe chiesto aiuto a quello, tra gli amici di Montedeifrassini (un Toscano che aveva sposato una Siracusana), che tra tutti possedeva il maggior senso pratico, che era il più esperto di cose di campagna e che era anche profondamente altruista e disponibile.

Il crepuscolo sorprese Eli concentrata sul suo lavoro. La donna alzò gli occhi. Dopo una manciata di secondi, o di minuti che a lei parvero un tempo lunghissimo, da chissà dove alle sue spalle comparve svolazzante un pipistrello, il quale si buttò nello squarcio-canalone, tornò su e cominciò a rappresentare in aria figure oltremodo scomposte e sgraziate. Lei ebbe l’impressione che il volo di quel single fosse gioioso; ma era ancora un single, sempre un single, dunque l’altro se ne stava in casa ed era nascosto, forse incastrato, forse impazzito di paura chissà dove. Trascorse un quarto d’ora; la donna aveva tentato di riprendere il lavoro, sebbene con la coda dell’occhio continuasse a seguire i bruschi e segmentati andirivieni dell’orribile mammifero alato. All’improvviso, proveniente esso pure da chissà dove alle spalle di lei, giunse un secondo pipistrello, che si buttò a sua volta nel varco-canalone.

Eli sgranò gli occhi e non li distolse per molti minuti da tutto quel piroettare disordinatamente zigzagante. Dunque il pipistrello dai movimenti gioiosi era quello che era rimasto intrappolato in casa, il quale aveva salutato con volteggi bruschi e disarmonici la recuperata libertà. La donna da quel giorno prestò rinnovata attenzione ai “suoi” pipistrelli. Comprese che quasi certamente non coabitavano e avevano anzi il nido l’uno da una parte e l’altro sul fianco opposto della casona: forse su qualcuno dei quattro pini aleppo altissimi che fiancheggiavano l’abitazione, o forse in qualcuna delle numerose piccole nicchie sotto il tetto e sopra terrazzo e balconi. Insomma, purché non entrassero in casa le tenevano compagnia, e la donna si sentiva orgogliosa di essere riuscita a fronteggiare e risolvere da sola la situazione che tanta paura aveva suscitato in lei.

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