Altri frammenti del dibattito intorno al Ponte sullo Stretto

Allucinazione collettiva: M5s vuole il Ponte sullo Stretto

Surreale riunione notturna su un’opera che non si farà (e che neanche a Grillo piace)

Di 

Giuseppe Colombo

11/05/2021 01:16pm CEST

FRANCESCO SAYAANSA

Beppe Grillo

Chissà se Beppe Grillo pensa che anche i suoi parlamentari, onorevoli deputati e onorevoli senatori del Movimento 5 Stelle, siano caduti in uno stato di allucinazione. Quella per il Ponte sullo Stretto. La stessa allucinazione che nove anni fa l’Elevato additò al resto del mondo, quando dopo la traversata a nuoto tra la Calabria e la Sicilia disse che il progetto del Ponte era “un’allucinazione mentale”. Forse l’Elevato dovrebbe pensarci perché quell’allucinazione è arrivata dentro al Parlamento. E l’hanno portata proprio i suoi che, come lui, hanno sempre osteggiato il Ponte. Con il titolo della grande opera in odore di mafia. Dovrebbe pensarci anche in fretta perché i suoi hanno un’altra fretta e cioè parlare del Ponte. Più dei vaccini, delle riaperture e dei ristori. E questa non è un’allucinazione, ma un dato di fatto, anzi una riunione fissata alle nove di sera, con alcuni parlamentari che non solo vogliono mettersi lì a chiacchierare. Vogliono trasformare l’allucinazione nel Ponte. 

E forse Grillo potrebbe ricordare ai suoi parlamentari che l’allucinazione di cui parlava nel 2012 si riferiva al progetto del Ponte a una campata. Una delle due opzioni di cui parleranno stasera i suoi, collegati su Zoom. E poi ancora l’Elevato e i suoi, questa volta tutti insieme, dovrebbero ricordarsi che meno di un anno fa c’era qualcuno di importante a sostenere che non c’erano le condizioni per il Ponte e che bisognava collegare le due sponde con un tunnel sottomarino. Quel qualcuno si chiama Giuseppe Conte, leader in pectore dei 5 stelle. Per rendere la discussione ancora più avvincente a sua volta Conte dovrebbe leggere la relazione di 158 pagine scritta dalla commissione dei tecnici istituita al ministero dei Trasporti quando lui era a palazzo Chigi. In questa relazione c’è scritto che il tunnel sott’acqua non si può fare.

Infine tutti insieme dovrebbero prendere atto che Mario Draghi a tutto pensa tranne che a rilanciare il Ponte. Non è stato inserito nel Recovery. Non c’è un euro pronto per finanziare l’opera. Siamo al grande débat public dove tutti potranno dire sì, no o forse, proporre soluzioni e azzoppare quelle degli altri, fare e disfare. La commissione ministeriale ha detto che ci sono “profonde motivazioni” per fare il Ponte, ma a parte gli echi di Forza Italia, di berlusconiana memoria, e la capriola di una parte dei 5 stelle, nessuno al Governo pensa che questa volta sia quella buona. Non valeva la pena restare lucidi?

CALABRIAMESSINANEWSSICILIA

Ponte sullo Stretto, l’Ing. Roberto Di Maria risponde ad Andrea Scanzi: “sarebbe il volano di sviluppo che il meridione aspetta da tempo”

A DOMANI CURA DI DANILO LORIA | 

16 MAGGIO 2021 22:53

TAGS:Ponte sullo Stretto

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Ponte sullo Stretto, l’Ing. Roberto Di Maria risponde ad Andrea Scanzi: “sarebbe il volano di sviluppo che il meridione aspetta da tempo, anche per affrancarsi dalla mafia, che nel sottosviluppo ci sguazza”

L’Ing. Roberto di Maria risponde ad Andrea Scanzi che ha definito il Ponte sullo Stretto una boiata pazzesca”:

Caro Scanzi, ti seguo da sempre e spesso sono d’accordo con le tue idee, anzi, ti considero uno dei migliori giornalisti in circolazione. Questa tua posizione sul Ponte di Messina, però, non la capisco proprio. Per carità, ci può anche stare di aver in antipatia ponti e strade, ma farlo quando si parla di un’opera del sud, anche se si tratta di un corridoio previsto appositamente dalla UE, e non certo dai siciliani e basta, in grado di portare la AV in Sicilia ed attivare per il traffico containers mondiale tutti i porti siciliani, appare del tutto fuori luogo. Perchè ignora non soltanto le enormi ricadute in termini di sviluppo economico dell’area direttamente interessata, ma anche le conseguenze positive per tutto il, dalle Alpi a Capo Passero. Lo dico perché il tuo ragionamento, che potrebbe stare bene in bocca ad un leghista, mal si adduce a chi ha sempre predicato l’uguaglianza: fra i sessi, i popoli, le latitudini. Perchè, altrimenti, parlare di mafia solo quando si tratta di opere da fare al sud? Eppure tu conosci le vicende di certe opere, grandi e piccole, non certo collocate a sud di Roma e non certo esenti da infiltrazioni mafiose. Perché, allora, usare questo argomento per mantenere la Sicilia a livelli infrastrutturali da terzo mondo? Che senso ha parlare di sviluppo di altre infrastrutture (benaltrismo di seconda mano) che non avrebbero senso senza il Ponte sullo Stretto, tipo i raddoppi ferroviari siciliani? Il Ponte, che ti piaccia o no, sarebbe il volano di sviluppo che il meridione aspetta da tempo, anche per affrancarsi dalla mafia, che nel sottosviluppo ci sguazza. E che, lo ripeto, non è certo un monopolio di siciliani e calabresi. I quali, mi pare, non si opposero quando la Direttissima Roma-Firenze, oggi linea AV, toccò la tua Arezzo nei lontani anni ’80 del secolo scorso. Esci, almeno tu, dal conformismo di una certa intellighenzia di sinistra, che si alimenta di stereotipi perdendo di vista, da decenni, il paese reale. Di cui fanno parte i tanti meridionali costretti ad emigrare a decine di migliaia ogni anno. Sono uguali a me ed a te, e la sinistra dell’uguaglianza tra i popoli e dell’amore universale, tra un aperitivo ed una cena di gala, non può dimenticarsi di loro.

Roberto di Maria

Commissione nazionale Trasporti ed Infrastrutture.                                                                                                                                                                                                                                                                  

A CURA DI PEPPE CARIDI | 

17 MAGGIO 2021 15:07

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Ponte sullo Stretto, l’autorevole intervento di Bruno Copat sulle dichiarazioni di Mario Tozzi

A proposito di Mario Tozzi, Geologo“. Si intitola così l’intervento del noto e stimato geologo dell’Università di Catania, Bruno Copat, rivolto al noto conduttore televisivo sul tema del Ponte sullo Stretto. “La laurea in scienze geologiche gli  permette di fregiarsi del titolo di Dr.  In Scienze Geologiche, di seguito il superamento dell’esame di stato per l’abilitazione alla professione gli  permette di fregiarsi del titolo di Geologo, ma il Tozzi non si è mai iscritto all’Ordine dei Geologi, ne nell’albo professionale ne nell’elenco speciale, riservato ai docenti e ricercatori. Per questo motivo egli sfugge al codice deontologico di comportamento della categoria professionale e giuridicamente può fare qualsiasi considerazione di carattere geologico senza subire azioni disciplinari.La preparazione di un ricercatore sia esso del prestigioso CNR o di qualsiasi altra università italiana o straniera, si misura sulla sua produzione scientifica pubblicata in riviste nazionali o internazionali, pubblicazione che avviene dopo la verifica di rigorosi referaggi ma se cerchiamo nei siti specializzati che seguono e classificano le pubblicazioni, nella carriera scientifica di Tozzi dal 1988 ad oggi in 33 anni sono stati pubblicati solo 10 lavori, mentre la media dei ricercatori universitari e non si aggira intorno alle 80-100 pubblicazioni. Questo solo fattore dà misura della sua preparazione professionale ad affrontare problemi complessi di geologia e geologia applicata. Inoltre nella sua lunga carriera non ha mai partecipato alla realizzazione, firmando, ad opere geologico ingegneristiche(frane, dighe, strade, ponti, consolidamenti e fondazioni speciali)”.

Bruno Copat, allora, entra nel merito e punto per punto smentisce le dichiarazioni di Tozzi sul Ponte: “Andiamo per ordine. Tozzi dice:

  • Al mondo non è mai stato costruito un ponte a campata unica più lungo di quello di Akashi (in Giappone)”

Vero ma in questo preciso momento è in fase di avanzata realizzazione il ponte “Çanakkale Cridge”, con 2023 metri di campata centrale.

  • “Il succitato ponte di Akashi fu spostato dopo il terribile terremoto del 1995 e parzialmente riprogettato”

Falso le torri del ponte erano già completate e una di queste si spostò di circa 130. cm, al tempo non erano ancora impostati gli impalcat,i è chiaro che furono fatti nuovi calcoli di stabilità, ma tutto procedette regolarmente come da progettazione iniziale.

  • “Dunque riusciremo senz’altro a realizzare un ponte così robusto, in grado di reggere perfino a un’esplosione nucleare, ma, nel caso di un terremoto tremendo come quello del 1908 (che arriverà, è solo questione di quando), finirebbe per unire due cimiteri, in quanto le province di Reggio e di Messina hanno solo il 25% di costruzioni antisismiche”

A questo propositi il geologo Tozzi si dimentica che invitato a presentare un suo libro  alla facoltà di Ingegneria di Messina dopo la inevitabile dissertazione ambientalistica sul libro, le domande della platea deviarono ovviamente sul ponte. In quella occasione oltre che dissertare credo per la prima volta sui cimiteri, si permise anche di asserire che i piloni erano troppo alti. Il preside della facoltà gli fece notare che proprio le strutture in elevazione sopportano e dissipano l’energia di scosse sismiche meglio di altre e che per una sequenza di normative di legge dal 1909 si costruiva in maniera antisismica. Il geologo Tozzi prima di asserire questo come altre gratuite affermazioni, avrebbe dovuto informarsi che già nel 1783 l’Italia meridionale fu violentemente scossa da un evento sismico che resterà impresso nella storia e nella memoria come il terremoto delle Calabrie. Il terremoto  colpì violentemente Messina (circa 30.000 morti). Dinanzi a tale catastrofe, il Re Ferdinando IV nominò un vicario per le Calabrie e sostenne un programma di ricostruzione pionieristico per l’evoluzione delle normative antisismiche italiane. Esponenti dell’Accademia di Matematica e Geometria per il corpo di Artiglieria e dell’Accademia di Architettura si occuparono della ricostruzione di città quali Reggio Calabria, Messina. Tali normative furono elogiate dalla Regia Commissione e nella relazione allegata al Bollettino del Regio Comitato Geologico d’Italia, Vol. X, 1909, redatta dall’ing. Franchi, immediatamente successiva al terremoto del 1908, sottolineando che in ragione dell’applicazione della normativa del 1873, molti edifici avevano subito solo danni parziali.

La normativa antisismica italiana trae ufficialmente le proprie origini dopo il sisma di Reggio Calabria e Messina del 1908, con la redazione del Regio Decreto n. 193 del 1909 e la nascita delle “norme di prima generazione”. Seguite poi rispettivamente con Legge n. 64 del 2 febbraio 1974, seconda generazione e con l’introduzione dell’OPCM n. 3274 del 20 marzo 2003 e normative successive, norme di terza generazione. Nelle norme di prima generazione 1909, sono contenute le linee  innovative e vincolanti per le nuove costruzioni in ben 24 articoli. Di seguito un parziale esempio”.

Oltre il Terremoto

Nel periodo compreso fra il 29 Luglio e il 17 Agosto 1943 – prosegue Bruno Copat – si registrò il maggior numero di incursioni anglo-americane proprio sulla città di Messina. 2.805 bombardamenti aerei e 6.542 tonnellate di esplosivo sganciati, un vero e proprio “SBP” (sistema di bombardamento di precisione) quello effettuato dalle Fortezze Volanti per colpire la zona portuale e gli impianti ferroviari di Messina, città presa di mira e considerata obiettivo altamente strategico. Al termine delle varie incursioni, dalle foto della ricognizione la città appariva ancora in piedi, nonostante le decine di migliaia di bombe di ogni calibro incassate. Costruita secondo le più rigide norme antisismiche dopo il terremoto del 1908, Messina aveva dimostrato di possedere una eccezionale capacità di assorbimento. I voli di ricognizione fotografica successivi ai bombardamenti mostravano gli edifici ancora in piedi. Le foto riprese in quota di allora facevano soprattutto affidamento sull’altezza delle ombre delle strutture che rimanendo in piedi mostravano sempre la stessa impronta. Non a caso, i piloti Anglo-Americani la definirono con l’appellativo “Città fantasma”, probabilmente perché dall’alto i suoi edifici apparivano intatti, seppur molti di loro con i solai sventrati.

Questo fotogramma è datato 13 agosto 1942 e dimostra come sia totalmente falso quello continua ad asserire il geologo Tozzi. E’ evidente che il Tozzi non sa di che cosa parla, nelle sue comparsate televisive è sempre interlocutore unico e senza il minimo contraddittorio. In ultimo credo che con la frase sui cimiteri, si spinga con dichiarazioni che rasentino il concetto di procurato allarme“.