PARTE PRIMA. Lei, lui e il bimbo tra eros, amore e perversione

Avevo un collega che cercava sempre coccole e tenerezza per via epistolare. Era evidentissimo che non provava assolutamente niente per me. A periodi alterni però gli davo le agognate coccole e carezzine virtuali. Perché lo facevo? Perché sono dotata di affettività esuberante e in questo modo ne spargevo un po’, come l’adultera di Boccaccio, la quale protesta di non aver tolto nulla a suo marito, di avere sempre adempiuto coscienziosamente ai “doveri” coniugali, e di aver dato all’altro solo quello che “ci avanzava”. Forse mi piaceva pure il lieve ascendente che a periodi alterni mi sembrava di esercitare. In verità ai periodi delle coccole seguivano in genere litigi furibondi, anch’essi rigorosamente epistolari. Non saprei dire in che modo dalle coccole si scivolò alla perversione.

Non mi dispiacque, però ebbi un sussulto: se scritti perversi potevano dare piacere a un uomo perverso perché non estendere la possibilità di leggerli a tutti gli altri perverse e perversi innocui e più o meno anaffettivi ai quali quegli scritti potevano dare piacere? Pertanto decisi di caricare i primi testi nella sezione a ciò adatta di iMncubiefiabe.

1.- Ma dove corri monello, fermati, è l’ora del bagnetto. Poi pigiamino e a nanna…. Ora ti acchiappo, ora ti prendo…. Preso!! Ma che fai? La pipi’ addosso, ma hai quasi due anni e mezzo!! Ecco, hai bagnato anche me. Avanti, ora metto tutto a lavare. Sta nella vaschetta buono. Forza, ora sei  bello pulito. Ti stendo nel fasciatoio. Birbante: un altro zampillo di pipi’. Non l’avevi fatta tutta prima. Sei monellissimo. Alé, ti pulisco bene di nuovo con la spugnetta. Ecco, ora un po’ di  borotalco e un bel bacio a questo pisello monello. Aiuto, si è allungato e ingrossato. Non dovremmo baciarvi il pisellino forse. Un altro bacio. Ti piace a quanto pare. Basta monelleggiare, nanna. Buona notte tesorino. E tante carezzine dolci.

2.- “Aaah, è stato meraviglioso, non solo per l’impegno e la bravura tecnici ma perché in ogni istante ho sentito che mi volevi, che volevi proprio me”. F. mi bacia con tenerezza: “Guarda che anch’io ho sentito fin dal primo istante che tu mi volevi, tanto, e tutto il resto è frutto di quest’attrazione e del nostro amore”. “E in quale primo istante hai sentito ciò che hai detto? Amore, amore mio”. Lo bacio a lungo, sulla bocca, sulle guance, sulle spalle. Poi F. risponde: “quando ti ho accarezzato i genitali interni e ho sentito che eri tutta bagnata”. “Perché, non ero bagnata ieri e avant’ieri?” “Non come oggi. Infatti per ‘scaldarti’ ti ho praticato il massaggio clitorideo, che ti eccita sempre, ricordi?” “Sì, è vero, allora oggi ti amo più di ieri e di avant’ieri, com’è dolce pensare questo”. “Tesoro, è giusto che tu sappia che ‘lui’ è venuto a spiarci avant’ieri, ieri e oggi: e infatti è ancora lì sulla porta”. Mi giro quasi di scatto. Il piccino è lì, sull’uscio, e ci guarda con un’aria mogia mogia. Faccio per precipitarmi verso di lui. F. mi trattiene: “Amore, sei nuda, mettiti la camicia da notte”. E continua: “Quel bimbetto è gelosissimo di te. Non so come possiamo fare. Dovrai parlare con il pediatra. Io sarei felice di chiudere bene la porta della cameretta sua e quella di camera nostra, ma tu non vuoi perché non sentiremmo se gli succede qualcosa. Non posso darti torto. Però bisogna trovare una soluzione”. Bacio di nuovo il mio uomo: “Hai ragione, devo parlare con qualcuno che se ne intende. Ora tu, amore, dormi. Domattina devi alzarti molto presto. Io andrò a cercare di rasserenarlo e rimetterlo a letto. Non vorrei mai che rimanesse traumatizzato dalla convinzione che tra noi due avviene qualcosa di violento, che tu mi fai del male, giacché facciamo l’amore in tanti modi ma tu stai sempre sopra di me, come a me piace. Un altro bacio”. F. si gira e posso andare dal bimbetto terribile. Lo prendo in braccio e lo porto in corridoio, verso la sua cameretta. Scoppia a piangere a dirotto. Il suo pianto mi spezza il cuore. “Tesorino, cucciolotto amatissimo, ma perché piangi?”. Egli si avvinghia a me, mettendomi i braccini intorno al collo e piange sempre di più. “Gioia mia, luce dei miei occhi, è tutto perfettamente a posto, perfettamente normale. F. e io siamo due persone sposate che si amano e tra me e lui avvengono atti di amore. Egli non mi fa in alcun modo del male, anzi mi abbraccia, mi bacia, si mette sopra di me per abbracciarmi in maniera più intensa e io ne sono felice”. A questo punto il bimbo parla, continuando a singhiozzare: “pisellone”. “Ah, capisco, hai visto che il pisello di F. diventa grosso durante l’abbraccio d’amore. È normale: questo accade solo agli uomini adulti; e allora possono mettere il pisello nella bellissima galleria profumata che noi donne abbiamo in mezzo alle gambe. Dal pisello esce il seme e se lui e lei sono fortunati potrà formarsi un bambino minuscolo, che crescerà stando per 9 mesi nella pancia della mamma. Però F. e io ancora non abbiamo avuto bambini. Tu sei il figlio di mia cugina e per ora stai con noi perché la tua mamma deve occuparsi sempre del tuo papà, che è malato, lo sai. Quando papà guarirà tornerai a vivere con loro. Ma io ti voglio tantissimo bene, come se tu fossi un figlio mio, è vero, sai”. Il bimbetto si cheta un pochino: “Io tuo. Volo stare con te”. “Amor mio, per ora non pensiamoci. Non pensarci. Tu e io saremo sempre vicinissimi l’uno all’altra”. Siamo finalmente nella sua cameretta. Faccio per riporlo sul suo lettino. Si avvinghia nuovamente a me e non riesco a staccarlo. Finalmente con una manina prende a esplorare il mio monte di Venere e i genitali interni. Infine lo prendo tenendolo fermo, le mie mani sotto le sue ascelle: “Cucciolotto, non devi trattarmi come se tu fossi F. Io voglio che tu sia felice ma devi rispettarmi”. Riprende a piangere un pochino: “No letto. Brutto. Cacca”. “Tesorino, ora rimarrò accanto a te fino a quando ti sarai addormentato”. Ripete testardo: “Letto cacca”. Mi viene un dubbio: alzo la copertina e il lenzuolino di sopra; ma il letto è a posto. Alzo il cuscino; sotto il cuscino ci sono due cacchine, chiaramente una di ieri e una di stasera. “Amore, hai fatto la cacca nel letto e l’hai nascosta sotto il cuscino invece di chiamarmi per farti pulire e cambiare il letto? Ma perché? Allora non ti fidi di me? Domani mattina quella scema della colf mi sente!! Le avevo raccomandato di rifare sempre da cima a fondo il tuo lettino controllando che tutto fosse ben pulito”. Lo stringo tra le braccia e gli dò tanti bacetti ardenti, sugli occhi, sulla bocca, sulle spalle, sul pancino, sui piedini. Adesso si è rasserenato. Continuo a baciarlo e ad accarezzarlo. Ride. “Amore, ora stai nel tuo box per due minuti. Cambio il letto e lo rifaccio completamente. Ma sai che queste cacchine sono proprio belle? Bellissime. Io capisco che tu non volessi fartele portar via e volessi conservarle. Meno male, però, che poi ti sei pentito”. Egli ride, ride, è felice, che sollievo. “Ecco, ora dobbiamo pulire bene tutto questo corpicino”. Gli faccio le spugnature con acqua calda, nella vasca da bagno, poi gli passo nel sederino e nel pisello l’ovatta con la crema detergente. “Ora sei a posto, campione: mi raccomando, chiamami se devi fare ancora la cacchina e io ti aiuto a sederti sul vasino”. Vorrei mettergli un po’ di borotalco ma egli mi ferma: “lecca, lecca”. Caspita, o è proprio sveglio o imita le parole che ci scambiavamo io e F. e che ha sentito. Mi chino su di lui, gli tocco una pallina, premendo un pochino, e lui ride felice, allora gli tocco anche l’altra e di nuovo manifesta giubilo. Mi chino: gli lecco l’ombelico, il pancino, le piante dei piedi. Fingendo di leccare strofino delicatamente un fazzolettino umido che egli non vede su una pallina, sull’altra pallina, sul pisello, che diventa subito lungo e grosso; e allora glielo bacio quel bel pisellino-pisello, poi glielo bacio un’altra volta, quindi la terza volta. Egli dà in una esplosione di gioia. Continuo ad accarezzarlo teneramente, con dolcezza infinita. “Ancora, ancora”, mi dice. Dopo qualche minuto si addormenta, mentre io lo accarezzo e gli do tanti bacetti lievi e dolcissimi. “Buona notte amorino tenero, il tuo angioletto custode vegli sul tuo sonno. Edipo ci unisce, forse, però dovrò parlare con F., così equilibrato. Non voglio fare del male né a lui né a te”.

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