PARTE SECONDA E TERZA: il bimbo, l’eros, il piacere e gli adulti

PARTE SECONDA

“Forza tesorino, siamo quasi a casa. Perché cammini goffo, tu che sei sempre agile e scattante? La suorina mi ha detto che finalmente sei diventato sorridente, che non ti rifiuti più di partecipare ai giochi comuni, che sei gentile con gli altri bambini, obbediente con le puericultrici e che mangi tutto senza fare capriccetti. Ne sono felicissima amor mio. Un progresso enorme”. Il piccino mi guarda sorridente. Sembra capire, sembra gratificato dagli elogi, miei e del personale del nido.

Gli sorrido anch’io, poi continuo il discorsetto: “C’è un aspetto che non va bene, voglio dire un aspetto che preoccupa la suorina e le ragazze che si occupano di voi. Pare che tu, amore, ti rifiuti di fare sia la popò che la pipì lì al nido, mentre gli altri bambini maschietti almeno una volta al giorno fanno la popò ciascuno nel proprio vasino e si lasciano accompagnare a far pipì nel water”. Il piccino assume un’espressione perplessa, mentre continua a camminare goffamente, poi emette una sorta di “hmmm”, ridiventa sorridente e mi dice: “ecco, io fatto”.

Non ci bado molto, ma gli accarezzo teneramente il capino ricciuto. Poi riprendo a tenerlo per mano e continuo il discorsetto. “La suorina mi ha chiesto se tu fai sempre la popò al mattino, prima che usciamo di casa, e se hai la tendenza a fare pipì solo a casa. Certo, loro notano tutto e giustamente cercano di capire se un bimbo sta bene o se invece ha qualche problema con il pancino: io le ho detto che negli ultimi giorni abbiamo avuto dei problemi, in effetti, perché non volevi fare i tuoi bisognini nel vasino e avevi ricominciato a sporcarti. Però ieri e avant’ieri tutto è stato normale. Abbiamo passato un fine settimana ottimo F., tu e io. E tu sei stato contento di giocare tanto con F.”.

Siamo davanti alla porta di casa, il cane ci viene incontro dalla sua cuccia in giardino. Mentre cerco le chiavi Splash annusa il bambino e le sue esplorazioni olfattive sembrano concentrarsi sul culetto del piccolo. “Splash, maleducato, lascialo stare”. La porta di casa si è aperta. Sollevo il bimbo tra le mie braccia e gli stampo due bacioni sulle guance paffutelle. Al secondo bacione mi rendo conto del comportamento di Splash: “Amore, ma che puzza ! Sei pieno di popò. Splash, bada al bimbo, fagli la guardia un momento mentre io prendo le cose per pulirlo in casa”. Corro alla camera del piccolo, prendo due pannolini di scorta e l’acqua di rose. Non voglio che mi imbratti di cacca l’interno casa. Esco subito, bravo Splash, tolgo al bimbo calzoncini, mutande e anche calze e scarpe. Mi metto a pulirgli il culetto e le gambe con uno dei pannolini, poi verso l’acqua di rose nell’altro e strofinando delicatamente il pannolino su tutte le parti imbrattate riesco a pulire a sufficienza.

Il piccino scoppia a piangere, anche se non si divincola: “Amorino, ma perché piangi? Non ti ho rimproverato e non ti ho fatto male. Dovevo  lasciarti tutto pieno di cacca?”. Piange ancora di più. Lo prendo in braccio “Forza campione ! Le mutandine piene di cacca le butteremo. Cercheremo di recuperare i pantaloncini e le calze. Ora però è indispensabile un bel bagnetto. La merenda dopo”.

Sembra provare  un piacere intenso mentre sta nell’acqua tiepida e io gli passo la spugnetta insaponata su tutto il corpicino. Mi prende la mano e la porta al pisellino. Glielo massaggio bene con la spugnetta, poi glielo accarezzo. Cielo, si allunga, tanto, e s’ingrossa. “Amore, forza, ora nella tovaglia da bagno, che è pronta sul fasciatoio”. Lo asciugo attentamente e delicatamente, ride, mi fa vedere che il pisello è ancora grosso. Sembra orgoglioso. “Ma che bimbo sei, tu? Campione, non puoi propormi di giocare sempre con il tuo pisello”. Lo sollevo e lo stringo tra le braccia, mentre è tutto imbacuccato nella tovaglia da bagno. Lo tengo stretto a me e gli copro il visino di baci. Poi lo rivesto. Egli collabora. “Forza, ora facciamo merenda e poi ti metti a giocare. Il frullato di frutta è già pronto nel biberon.  Lascio che tenga il biberon con le sue manine ma non lo metto sul seggiolone. Voglio essergli vicina con dolcezza mentre ciuccia. Lo prendo in braccio; quando egli sta per finire con il braccio sinistro lo tengo stretto a me con il destro, afferrato il biberon, gli faccio prendere gli ultimi sorsi di frullato, lentamente. Egli assapora quasta intimità tra lui e me e la gratificazione data dal ciucciare. Sono contenta di percepire che è felice.

Dopo che ha finito la sua merenda poso il biberon sul tavolo. Egli si solleva un pochino sulle mie gambe e mi butta i braccini intorno al collo. Lo attiro ancora di più a me con tenerezza infinita stringendolo forte. “Che meraviglia la maternità,  –  penso tra di me – ma devo stare attenta a non affezionarmi troppo a lui. Già alla sua età la simbiosi con la mamma dovrebbe essere sul finire. Ed egli non è mio figlio, egli non è mio e di F.”. Mentre un’ondata di malinconia mi assale, sento un calore morbido scendere dal mio stomaco alle mie gambe. Si è fatto la pipì addosso e addosso a me. “Cosa stavo pensando? Che la maternità è meravigliosa? Ma se questo bimbo mi sta consumando lentamente. Non ho più le forze per reagire”. Provo una sensazione di immenso avvilimento. Sono stanca. Sono tanto stanca. Sono stata al lavoro dalle 8 alle 16 senza pausa, ho anche fame perché non ho mangiato nulla mentre lavoravo e ora, a casa, dopo aver passato mezz’ora a ripulire il monellaccio dalla popò sono ancora prigioniera della creaturina perversa.

Egli, puntati i piedini sulle mie gambe, fa in modo che tutto il suo corpicino aderisca al mio busto e, ritto in piedi, si strofina contro di me su e giù, a destra e a sinistra. Arrivo a sentire che il suo pisello è ancora duro, turgido, eretto. Si procura un piacere delizioso, lui.

“Amore, ora basta. Lili [Lili sono io; F. mi chiama così] è tanto stanca. Tu le hai bagnato con la pipì il suo tailleur nuovo, quello più bello, ed è così bagnato che sarà necessario portarlo in lavanderia. Tesoro, vivi in una famiglia in cui sei amato, tanto, e prima o poi rientrerai nella tua famiglia di origine, dove sei amato anche di più. Insomma, ho capito perché quando non c’è F. ti fai addosso sia la pipì che la popò. Vuoi essere accudito, vuoi sentire le mie mani su di te, vuoi che le mie mani si prendano cura di te lavandoti, asciugandoti, mettendoti crema e borotalco e anche accarezzandoti il culetto e il pisello monelli.” Prendo il bimbo e lo riporto sul fasciatoio. Intanto mi tolgo la giacca e la gonna del tailleur e con cura le metto sopra una sedia. “Perché non mi dici niente? Perché non ammetti di essere stato tanto monello ed egoista con me? Le ragioni che ho detto sono giuste, vero?”. Egli riflette un istante, mentre io preparo la vaschetta con acqua tiepida, poi parla “Lala bella, Lala bella, Lala bella”. Lala è una via di mezzo tra Lili e mamma, povero piccino che non vede la mamma vera da settimane. E continua: “pisello bello, pisello hide”. Il suo pisello ride in questa intimità con Lili, cioè gode. E ancora “Lala no piagne”. Insomma, io non dovrei sentirmi stanca e piangere, come sto piangendo infatti. Ma certo, dovrei saperlo, un piccino come lui, che non ha ancora due anni e mezzo, prova turbamento se capisce che la figura di riferimento è diventata triste, ma non è in grado di cercare altro piacere che il suo proprio. E questo birbantello accipicchia se cerca il suo piacere !! Penso parlando con la mente a me stessa: “Non so come fare per intraprendere con lui un percorso virtuoso. Di certo ho fatto tanti errori. Il problema è che per me l’affetto è inscindibile dalla fisicità. Mi pare che non si possa trasmettere tenerezza senza baci, senza abbracci, senza carezze. E questo bimbo, invece che arrivare a sentirsene infastidito ne vorrebbe sempre di più, sempre più effusioni fisiche”. Con la spugnetta gli pulisco bene le gambette, i piedini, il sederino e i genitali. Ride, è pieno di gioia. Ed ecco lo zampillo. Questa volta non mi sfiora. “Possibile che arrivi a trattenere una parte di pipì invece che farla tutta, birbante?” Batte le manine festoso, come se gli avessi fatto un gran complimento. Lo tiro indietro, in modo che il suo bel corpicino non tocchi eventuali gocce di pipì sul fasciatoio, poi ricomincio a pulirgli le gambe, le cosce, il sederino, i genitali. Infine ci metto la crema e da ultimo il borotalco. Mi guarda perplesse, con l’aria un pochino ansiosa. Capisco e, come sempre, lo faccio contento perché, ammettiamolo, questa fisicità così tenera mi piace tantissimo: un bel bacio delicato sul pisello, che comincia ad allungarsi, poi un altro bacio, un terzo bacio. Gli infilo il pigiamino. Meno male, ha un’espressione soddisfattissima. Lo prendo e lo metto nel box. Si rizza in piedi:  “No box”. “Amore, sì box invece; ora ti do il tuo lego e ti prego di costruire il palazzo in cui un giorno andremo ad abitare. E in più ti faccio ascoltare una delle tue fiabe preferite, il pifferaio di Hamelin. Ti devo lasciar solo un minuto e basta”. Vado in  bagno velocissima, mi tolgo quel poco che ho addosso e mi lavo l’addome con la spugna del monellone. Ho avuto l’accortezza di chiudere la porta a chiave. Infatti quando esco, con addosso solo il reggiseno, le mutande e la vestaglia, egli è lì, fuori dalla porta. Intuisco che vorrebbe stendere la manina: “No, amorino, non voglio che mi tocchi. Esplorare è giusto ma a tal fine ti comprerò una bambolona, se lo psicologo sarà d’accordo. Va bene, sta fuori del box, sta con me, ma gioca tranquillo con il lego e goditi la fiaba”. Obbedisce. Imposto la cena quanto più possibile rapida per F. e per me: condimento per gli spaghetti fatto con buccette di limone, capperi, aglio, basilico e olio extravergine.

Poi metto sul fuoco l’acqua per gli spaghetti. Il piccino mangerà una frittatina leggera. Infine mi siedo al tavolo della cucina e comincio a correggere gli scritti degli studenti del triennio. Incredibile ma vero, raggiungo un livello elevato di concentrazione e lavoro appassionatamente: una catarsi. Il tesorino presta attenzione alla fiaba e alla costruzione del palazzo. Evviva! Ormai dev’essere stanco morto.

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PARTE TERZA Quando ho finito di correggere i compiti guardo sullo smartphone che ore si son fatte. Cielo: sono quasi le 20, e F. non è ancora tornato. “Amore mio, dove sei, ho tanto bisogno di te, egoista che sono”. Riguardo meglio il display, inforcati gli occhiali: “Amore, ci sono tre chiamate tue. Mi sono dimenticata di disattivare il ‘non disturbare’ “. C’è anche un whatsapp. Leggo :”Tesoro, c’è appena stato un omicidio con successivo suicidio. Massimo oggi stava male. Forse dovrò andarci io. Ma per favore ricordati di non disattivare la suoneria. Bacio e tanta voglia di te nuda”. Rido. Povero caro, è al lavoro dalle 8. Magari ci mandassero qualcun altro ai morti, che rompiscatole questi assassini, che poi si ammazzano pure.

Il bimbo sta piagnucolando. Lo metto sul seggiolone, dopo aver controllato che sia asciutto e pulito. “Campione, ora devi far vedere a Lili che sei proprio bravo. Ho già tagliato la frittatina a pezzetti. Forza, mangia da solo”. Mentre lo guardo attenta si porta ogni boccone tra i dentini, mastica, deglutisce e poi subito mi regala un gran sorriso. “Ma bene, sei bravissimo, hai già finito. Lili manterrà la sua promessa. Prima però pipi’ nel vasino”. Egli centra il vasino perfettamente, tenendo il pisellino con pollici e indici di entrambe le mani. Poi mi rivolge un altro sorriso radioso. “Amorino, sei stato bravissimo, sono tanto orgogliosa di te. Ma ora dimmi l’ultima cosa e sii sincero: devi fare un po’ di cacchina? Non sarà che la stai trattenendo?” – No, no, no!  Cacchina no! – risponde deciso. “Va bene gioia. Per precauzione ti metto il pannolone. Son certa che sarà pulito domattina. Ecco ci infiliamo il pigiamino. Perfetto. Ora Lili mantiene la sua promessa”. Lo prendo in braccio, mi siedo sulla sedia a dondolo del trisavolo, la mia schiena quasi tutta aderente alla spalliera del mezzo, metto le mie braccia in posizione ‘barchetta’, talché il piccino poggi la testina sul mio braccio dx mentre con il sx gli abbraccio le gambette piegate. Gli do tanti e tanti bacini, lievi, dolcissimi e con il piede sx faccio dondolare un pochino la poltrona del trisavolo. Dopo 5 minuti di beatitudine il piccolo dorme profondamente.

La porta di casa si apre ed entra F. Ha l’aria stravolta. La prima cosa che vede, fortunatamente, è il gruppo scultoreo ‘maternità’, insomma, il bimbo e me. L’epressione del suo volto si rilassa, riesce perfino a sorridere in modo spontaneo. Io gli faccio cenno di non far rumore. Scivolo nella stanza del piccolo e faccio per adagiarlo sul letto. F. posa le labbra sui capelli del bimbo. Mi commuovo. È la prima volta che lo bacia, e per di più con tanta delicatezza affettuosa.

“Amore, è stato orribile andare sulla scena del crimine e vedere i corpi?” “Sì è stato orribile”. “Un marito ha ucciso la moglie con ferocia spietata, e si è accanito sul corpo di lei prima di togliersi la vita?” “No. Egli l’ha uccisa mentre lei non poteva vederlo, insomma, ha avuto una sorta di pietà di lei. Poi con la stessa pistola si è sparato al cuore. I vicini avevano le chiavi di casa loro. Sentiti gli spari sono entrati e hanno chiamato subito le forze dell’ordine. Queste hanno prelevato il magistrato, cioè me. Ottimi questi spaghetti al limone e al basilico”. “Meno male che hai appetito. Amore, ti prego, lascia la Procura e chiedi il trasferimento in un tribunale ordinario. Tu hai tale gentilezza d’animo che soffri in presenza della brutalità. Se necessario ci trasferiamo in un’altra città”. F. sorride: “Diciamo che di questo si può parlare domani o da domani. Mi piace tantissimo quando ti prendi cura di me. Coccoli anche me e non solo il bimbo”. Mi avvicino a lui e mi strofino tutta su di lui. Gli butto le braccia al collo e unisco le mie labbra alle sue. Le nostre lingue danzano insieme con passione. Sento che il suo corpo al contempo si rilassa, per il defluire dell’angoscia, e vibra tonico. Mi attira a sé fino a che siamo incollati. Sento che il suo membro è duro, vorrebbe ergersi ed entrare. “Amore – – gli dico – – posso prima andare un minuto sotto la doccia?” ” Sì, purché ci possa venire anch’io”. Rido in modo birichino. Ognuno dei due aiuta l’altro a spogliarsi. Mi lecca i capezzoli e le mie mammelle si alzano un po’, ma non mi permette di toccargli il membro. “Amore, sono già molto eccitato. Non voglio venire troppo presto”. Mentre siamo sotto l’acqua mi insapona, e riserva cure e carezze speciali ai geniali interni, mentre il suo membro è come un bastone che mi colpisce senza farmi male davanti e dietro, e penetra un pochino l’orifizio anale e la vagina. Chiusa l’acqua mi inginocchio e glielo lecco. Poi comincio a succhiarglielo mentre la mia mano destra glielo stringe andando su e giù. Sento che F. geme, mentre il suo membro per un attimo vibra  e subito la mia bocca si riempie del suo liquido seminale. Lo ingoio lentamente. Mi solleva. Sta ansimando ma mi stringe. Ci avvolgiamo insieme nella nostra gigantesca tovaglia da bagno e allacciati andiamo in camera da letto.

Me ne sto sdraiata sulla schiena mentre F. è sdraiato di fianco e il suo volto pende sul mio. Ci baciamo più e più volte con tenerezza infinita. Egli ha proprio tutt’un’altra espressione rispetto a quando è entrato in casa.

“Amore – – mi dice  – – devi avere un pochino di pazienza. Prima di ricominciare e farti avere la tua parte ho bisogno diciamo almeno di un quarto d’ora. Dimmi la verità : pensi che io abbia la eiaculazione precoce?”  Rido: “Penso che ce l’abbiano tutti i trentenni gagliardi innamorati della loro partner e fisicamente molto attratti da lei”. “Una lei altruista, disinibita perché felice di dare piacere e gioia al suo partner”. “Non proprio: una lei che è felice di dare piacere e gioia all’uomo che ama e dal quale è sicura di essere amata”. “E figuriamoci se la professoressa non metteva i puntini sulle i !!!”. Rido nuovamente birichina: “Il tuo spermino è così penetrante che potrei restare incinta anche per un coito orale”. Poi gli dico :

“Amore, non devi credere che soffri di eiaculazione precoce. Quando avrai 50 e poi 60 anni, se ci vorremo bene come sperano due che si sono sposati, eserciterai un controllo ferreo sui tuoi tempi e potrai penetrarmi 10 o 15 volte in un’ora prima di venire”. F. mi guarda tra beato e stupefatto : “E tu come fai ad avere queste informazioni?”

CONTINUA

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