Concorsopoli, il rettore Franzini: ‘Sconcerto e gomento’. Ma a gennaio una sua ‘violazione dell’imparzialità’ costò la condanna all’ateneo

ilFattoquotidiano.it

Posso dire a nome dell’intera comunità della Statale che stiamo seguendo con un senso di sconcerto e sgomento profondi quanto sta accadendo. Si tratta di ipotesi per ora, ma di una gravità senza precedenti per la Statale”. Così il rettore della Statale dopo la bufera che ha inguaiato 24 docenti. Ma un anno fa lui stesso fu parte attiva in una brutta vicenda di graduatorie ribaltate a favore di un candidato interno. Che è valsa la condanna del Tar a 4mila euro di spese legali, con un pronunciamento che evidenziava “l’eccesso di potere” del Rettore. A breve si discute l’appello

di Thomas Mackinson | 7 OTTOBRE 2021

“Sconcerto e sgomento profondi per ipotesi di una gravità senza precedenti per la Statale”. Così il suo rettore Elio Franzini ha commentato in una nota la bufera sui concorsi pilotati che si è abbattuta sul suo ateneo, con 24 docenti indagati tra i quali anche l’infettivologo Massimo Galli. Forse Franzini, da due anni e mezzo al vertice dell’Università degli Studi di Milano, poteva evitarlo: i “precedenti” infatti non mancano, e uno in particolare porta dritto al piano nobile di via Festa del Perdono dove ha il suo ufficio. L’ateneo è stato recentemente sanzionato dai giudici del Tar lombardo proprio per una brutta storia di “ingerenze” nelle procedure di selezione per un posto alla cattedra di Storia. E il rettore Franzini, stando alla sentenza, è stato parte attiva nel ribaltamento di una graduatoria già chiusa in favore di un candidato “interno” che era il meno qualificato, in danno di uno esterno che era risultato il migliore in assoluto. Un risultato – secondo i magistrati – raggiunto in “violazione dei principi di imparzialità” e con “eccesso di potere”. Il 21 gennaio scorso viene pubblicata la sentenza che condanna la Statale, università pubblica, a pagare 4mila euro di spese legali in favore del candidato più meritevole ingiustamente “sgambettato” per l’altro che era il meno idoneo alla cattedra.

di Thomas Mackinson | 7 OTTOBRE 2021

tesa produzione scientifica”.

Poi un colpo di scena allontana la boccia dal boccino. Una candidata “interna” all’ateneo si piazza solo quarta per “carenza di titoli e pubblicazioni”, non viene ammessa alle prove orali ma fa un esposto al rettore evidenziando “profili di illegittimità della procedura”. Franzini ne tiene conto e nomina un collegio di verifica con funzioni consultive “a supporto della verifica della regolarità degli atti della procedura”. E fin qui, tutto bene. Poi il collegio riesamina titoli e pubblicazioni dei candidati e pur non ravvisando “vizi procedurali o arbitrarietà delle valutazioni” ribalta la graduatoria come fosse un calzino: il primo candidato finisce così quarto e cioè ultimo, il quarto arriva primo. Anche se i candidati erano gli stessi, stesse pubblicazioni e titoli.

CRONACA

Concorsopoli, il rettore Franzini: ‘Sconcerto e sgomento’. Ma a gennaio una sua ‘violazione dell’imparzialità’ costò la condanna all’ateneo

Concorsopoli, il rettore Franzini: ‘Sconcerto e sgomento’. Ma a gennaio una sua ‘violazione dell’imparzialità’ costò la condanna all’ateneo

“Posso dire a nome dell’intera comunità della Statale che stiamo seguendo con un senso di sconcerto e sgomento profondi quanto sta accadendo. Si tratta di ipotesi per ora, ma di una gravità senza precedenti per la Statale”. Così il rettore della Statale dopo la bufera che ha inguaiato 24 docenti. Ma un anno fa lui stesso fu parte attiva in una brutta vicenda di graduatorie ribaltate a favore di un candidato interno. Che è valsa la condanna del Tar a 4mila euro di spese legali, con un pronunciamento che evidenziava “l’eccesso di potere” del Rettore. A breve si discute l’appellodi Thomas Mackinson | 7 OTTOBRE 2021

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“Sconcerto e sgomento profondi per ipotesi di una gravità senza precedenti per la Statale”. Così il suo rettore Elio Franzini ha commentato in una nota la bufera sui concorsi pilotati che si è abbattuta sul suo ateneo, con 24 docenti indagati tra i quali anche l’infettivologo Massimo Galli. Forse Franzini, da due anni e mezzo al vertice dell’Università degli Studi di Milano, poteva evitarlo: i “precedenti” infatti non mancano, e uno in particolare porta dritto al piano nobile di via Festa del Perdono dove ha il suo ufficio. L’ateneo è stato recentemente sanzionato dai giudici del Tar lombardo proprio per una brutta storia di “ingerenze” nelle procedure di selezione per un posto alla cattedra di Storia. E il rettore Franzini, stando alla sentenza, è stato parte attiva nel ribaltamento di una graduatoria già chiusa in favore di un candidato “interno” che era il meno qualificato, in danno di uno esterno che era risultato il migliore in assoluto. Un risultato – secondo i magistrati – raggiunto in “violazione dei principi di imparzialità” e con “eccesso di potere”. Il 21 gennaio scorso viene pubblicata la sentenza che condanna la Statale, università pubblica, a pagare 4mila euro di spese legali in favore del candidato più meritevole ingiustamente “sgambettato” per l’altro che era il meno idoneo alla cattedra.PUBBLICITÀ

A breve si discuterà l’appello avanzato dall’Università, alla luce dell’inchiesta sulla “concorsopoli” alla Statale, la vicenda merita di essere ricostruita. Non con il suo aiuto, perché dalla Statale fanno sapere che “sulla vicenda il Rettore si è espresso in una nota e per il momento non ha ulteriori commenti”. Ma parlano le carte. Quelle di un concorso surreale in cui il primo arrivato diventa ultimo e l’ultimo il primo. La storia parte nel 2018 con un bando per l’assegnazione di una cattedra in Storia economica. Luca Fantacci era il candidato esterno che ha sbaragliato tutti conseguendo il miglior risultato sia per titoli che nelle prove orali. Con queste parole il verbale della commissione giudicatrice (11 dicembre 2018) lo aveva indicato all’unanimità come il più idoneo per il posto a cattedra: “…in quanto ha dimostrato una solida preparazione dal punto di vista metodologico, accompagnata dalla capacità di analizzare direttamente tanto le fonti di carattere archivistico quanto la letteratura scientifica che caratterizza la ricerca storico-economica, sia con riferimento all’età moderna sia rispetto all’età contemporanea (…) come appare del resto evidente dalla sua estesa produzione scientifica”.

Poi un colpo di scena allontana la boccia dal boccino. Una candidata “interna” all’ateneo si piazza solo quarta per “carenza di titoli e pubblicazioni”, non viene ammessa alle prove orali ma fa un esposto al rettore evidenziando “profili di illegittimità della procedura”. Franzini ne tiene conto e nomina un collegio di verifica con funzioni consultive “a supporto della verifica della regolarità degli atti della procedura”. E fin qui, tutto bene. Poi il collegio riesamina titoli e pubblicazioni dei candidati e pur non ravvisando “vizi procedurali o arbitrarietà delle valutazioni” ribalta la graduatoria come fosse un calzino: il primo candidato finisce così quarto e cioè ultimo, il quarto arriva primo. Anche se i candidati erano gli stessi, stesse pubblicazioni e titoli.

Il rettore ribussa allora alla Commissione chiedendo di esprimere una valutazione formale e di merito, in pratica di ratificare la decisione del collegio. Il boccino però si allontana perché il 16 aprile 2019 i commissari confermano integralmente il proprio giudizio e la relativa graduatoria: niente da fare, i primi non saranno ultimi. E Franzini che fa? Revoca della commissione giudicatrice, “con conseguente inefficacia di tutti gli atti conseguenti”. Non è finita. Il pasticcio è ormai tale da diventare motivo di imbarazzo nell’ateneo. Non si trova nessuno che ci metta la faccia, tanto che per due volte la nomina dei nuovi componenti della commissione va a vuoto per espressa rinuncia dei prof. Il 23 agosto 2019, Franzini, “preso atto delle rinunce”, revoca il bando e in via definitiva anche la procedura in corso.

Come dire, non è successo nulla. Il Tar però ricostruisce diversamente. L’assunzione in questione, argomentato i magistrati, era stata dettata da un programma triennale stilato in base al fabbisogno dei dipartimenti, inoltre nessun motivo di ordine economico o organizzativo era stato sollevato per avvallare la decisione di revoca del bando da parte del rettore. C’è anche di più. L’esposto all’origine di tutto, preso tanto sul serio, era “una sorta di pretesto per rifare il giudizio compartivo sovvertendo gli esiti del concorso”, scriveranno i giudici insieme a parole pesanti nei confronti del rettore: “Violazione dei principi di imparzialità”, “eccesso di potere”. Giudizi che mal si conciliano con lo “sconcerto” e “sgomento” che manifesta oggi davanti all’indagine sui concorsi pilotati nel suo ateneo. Per la cronaca: il candidato migliore sgambettato nell’università pubblica insegna lo stesso Storia. Ma alla Bocconi.

Aggiornato giovedì 7 ottobre ore 23:00

Io, la blogger, confesso che quando ho letto di questa storiaccia secondo cui il collega Elio Franzini (rettore unimi), ha collaborato fattivamente a impedire che il meritevolissimo vincitore di concorso per una materia storica in unimi fosse formalmente dichiarato vincitore, arrivando a cassare il posto messo a concorso per la molto mediocre protetta di qualche collega storico, classificatasi ultima su quattro concorrenti; quando ho letto questo NON volevo crederci. Al tempo in cui facemmo amicizia Franzini era preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. Qualche mese prima gli avevo sentito dire in Consiglio di Facoltà, restandone sdegnata, che i professori ordinari dovevano contrastare non so più quale orientamento governativo perché volevano influire e decidere nella sorte dei posti a concorso (sottinteso: ogni ordinario deve fare vincere i suoi protetti). Nondimeno gli chiesi un appuntamento quando il Dip in cui prestavo servizio rifiutò (in Consiglio di Dip) di concedermi un finanziamento modestissimo per una grossa monografia in due tomi che pubblicai in economia e che ebbe meritata fortuna. Apprendendo che invece di aiutare una persona operosa a produrre ricerca la si ostacolava Franzini restò seriamente indignato (già, perché il prestigio di un Ateneo dipende principalmente dalla quantità e qualità delle pubblicazioni che fa uscire). Chiamò l’allora Direttrice Giovanna Rosa, fu con lei molto chiaro, e non solo ebbi dal Dip il modesto finanziamento pari a € 800,00 ma egli mi fece assegnare dalla Presidenza della Facoltà una dote pari non so più se a 2000,00 o a 3000,00 € per la pubblicazione di una importante ricerca sulla letteratura italiana in Thomas Mann che conducevo e ancora conduco, con frutto.

Fu come se parlare con me, ascoltare la mia storia di ricercatrice arrivata a Milano per trasferimento da Pisa e nell’Istituto (poi Dipartimento) milanese mai accettata dagli italianisti facenti capo ai due baronuccoli Spinazzola e Barbarisi: fu come se a Franzini si aprisse un mondo. Parlando con me, leggendo le mie mails in eccellente italiano e improntate a spirito critico autentico seppure un po’ troppo rigoroso (nessun compromesso nelle questioni morali), mails da lui riscontrate sempre, si rese conto che esistevano davvero nell’Università dei non-protetti meritevolissimi che venivano sopraffatti e messi in condizione di non potere aspirare a nessuna promozione per merito. Così, qualche mese dopo, ancora in Consiglio di Fac, gli sentii dire, in opposizione a qualche scemata detta da un ordinario mediocre, che nella “nostra” Fac i ricercatori avevano assai più titoli, globalmente, degli ordinari.

Di più: a un certo punto un ordinariuccolo mediocrissimo di Letter it., approdato in unimi dopo essere stato messo in cattedra dal suo magnaccia senza scrupoli di altro Ateneo (che non volle riprendersi il mediocrissimo), decise che tutti coloro i quali tenevano un corso ufficiale di letteratura it al triennio dovevano uniformarsi ai desiderata del prof. Amedeo Quondam. Quondam era presidente e quasi fondatore principale dell’ADI, l’Associazione Degli Italianisti e si era cacciato in mente che al triennio occorresse fare un corso da studenti di ragioneria: partire dalle origini e ripassare tutto l’arco della letter it fino all’Ottocento. Era nozionismo puro e superficiale, che dava per scontato che le Scuole Superiori non fossero servite a niente e che a niente servissero i corsi di ripasso (utilissimi) tenuti da docenti delle Scuole Superiori alle matricole universitarie. La mia coscienza mi impediva di accettare di rovinare gli studenti del triennio perché all’ADI si poteva arrivare a posizioni importanti solo leccando Quondam. Andai da Franzini e gli dissi con chiarezza che avrei concluso il corso monografico che stavo tenendo e non avrei però accettato di tenere più corsi ufficiali (del resto nel mio caso non retribuiti). Franzini si preoccupò parecchio per me; mi disse che essere l’unica che si dissociava mi avrebbe messo in una situazione difficilissima. Io risposi che c’ero abituata e che la libertà di insegnamento nella Università è prescritta e quindi tutelata dalla legge. Decise allora di opporsi alla prevaricazione sopra detta. Disse chiaro e forte in Consiglio di Fac che la libertà d’insegnamento è sacra e che i settori scientifico-disciplinari non avevano il diritto di impedirla. Potei continuare a impartire nel triennio un corso ufficiale.

No, non siamo più amici. Accadde qualcosa che ci allontanò l’uno dall’altra.

Però leggendo l’articolo sul fattaccio mi sono sentita quasi in colpa: “se gli fossi rimasta vicina e avessi continato a ispirarlo, sia pure litigando con lui – ho pensato – forse non avrebbe compiuto un atto tanto grave”. Sì, perché è tutto vero, purtroppo; evidentemente Franzini si è abbassato tanto perché ha ceduto alle pretese di qualche suo grande elettore del Dipartim di Storia. Ho letto al riguardo quel che ha scritto sul proprio sito la benemerita Associazione Trasparenza e Merito, che si batte contro la corruzione nell’Università, e ho letto anche la sentenza del TAR sul caso brutto del concorso di materie storiche. Immetto tutto qui sotto.

  • TRASPARENZA E MERITO 24 giu 2019

Uni Milano, quando l’Università diventa far west: da autonomia commissione a decisionismo del rettore

Siamo giunti ormai alla resa dei conti, al cortocircuito del sistema di reclutamento universitario. Le leggi e le regole vengono interpretate a seconda della convenienza di tizio o di caio, sulla scorta dei contatti che ognuno dei candidati ha o non ha con chi detiene il potere nel mondo accademico, a livello di dipartimento, a livello di rettori, a livello di “presunte” società scientifiche.

Di fronte a situazioni come questa, ma come tante altre che abbiamo segnalato, giornalmente, sul nostro sito, ci rivolgiamo al Miur chiedendo quanto prima una rapida ed immediata azione di riforma e di revisione dell’attuale meccanismo di reclutamento in vigore negli atenei italiani, per cui si può passare, a seconda del bisogno e della convenienza, dalla discrezionalità estrema o meglio l’arbitrio assoluto del giudizio delle commissioni di concorso, alla totale autonomia da parte del dipartimento che bandisce un concorso e che può annullarlo, dall’oggi al domani, senza addirittura motivarne le ragioni, se non vince il candidato predestinato, al decisionismo del rettore che può stabilire di annullare gli atti di un concorso, e fin qui se ci sono gli elementi formali non c’è nulla di male, ma addirittura non di annullarlo formalmente, ma semplicemente di far fare una consulenza ad un “collegio di verifica” e nominare una commissione ex novo , con docenti che non hanno nulla a che fare con il settore messo a bando. Se non fosse successo realmente, sembrerebbe uno scherzo, ma non lo è.

Proprio così, succede anche questo nell’Università italiana.

In data 14 giugno, il presidente della Sise (Società italiana degli storici economici), ha inviato una lettera al Miur (Ministro Bussetti) e al Cun (Presidente Vicino), per informarli del suo “profondo sconcerto” e “viva preoccupazione” per quanto accaduto in occasione della procedura di concorso indetta nel 2018 dall’Università statale di Milano per la copertura di un posto di professore associato di Storia economica, settore scientifico disciplinare SECS-P/12).

Si può leggere nella lettera: “A seguito della valutazione unanime, espressa dalla commissione giudicatrice nominata dal rettore il 3 ottobre 2018, e sulla base di una segnalazione di presunti profili di illegittimità, lo stesso rettore nominava un “collegio di verifica con funzioni consultive”, previsto dalla legge, che, senza rilevare alcun vizio procedurale o arbitrarietà valutativa, produceva una nuova graduatoria, sulla scorta di una “diversa valutazione” delle pubblicazioni presentate. Di conseguenza, il rettore , con decreto del 20 maggio 2019, decideva di non approvare gli atti concorsuali e disponeva la decadenza della commissione giudicatrice, nonostante le puntuali risposte da questa fornite alle osservazioni del Collegio di verifica”.

A questo punto subentra la parte più surreale di questa vicenda. Non entriamo nel merito della questione – lo faranno i giudici amministrativi e la giustizia penale qualora, come auspichiamo, qualcuno dei candidati faccia un ricorso al Tar o depositi un esposto in procura – ma facciamo notare che, come si può leggere pubblicato il 22 giugno 2019 sul “Corriere della Sera” (ed. Milano) dal titolo “Tar e veleni. Lite in Statale sulla cattedra di Storia“, “i tre membri di quel Collegio sono di settori concorsuali e scientifici disciplinari diversi e sono anche in pensione”.

Prosegue infatti il testo della lettera della Sise che denuncia “l’incomprensibile e inaccettabile incongruità scientifica e accademica del Collegio di verifica, composto da tre professori in quiescienza, di altro settore concorsuale (11/A2 – Storia moderna) e altro SSD (M-Sto/02 – Storia moderna), nemmeno affine e di altra area Cun”.

La polemica che è scaturita tra alcuni membri del settore scientifico del concorso messo a bando e il rettore dell’ateneo di Milano, il prof. Elio Franzini, ha del surreale e la dice lunga sullo stato confusionale in cui versa l’Università italiana. E’ riportata plasticamene nell’articolo del Corriere: “Abbiamo svolto un lavoro impeccabile aderendo al bando, trasparente e onesto in tutti gli aspetti. Siamo sconcertati – tuona il presidente della Commissione, il docente di Storia economica Andra Leonardi. Replica l’ateneo: “Il Rettore nomina un Collegio composto da esperti di propria fiducia. Possono essere individuati anche professori in pensione: tale condizione favorisce la verifica dell’inesistenza di relazioni personali e professionali con i candidati venendo meno anche l’afferenza allo specifico settore disciplinare. I professori del Collegio si sono distinti per interessi scientifici e di studio di notevole rilevanza, anche nella storia economica.” Intanto , il 20 giugno 2019, il rettore ha annullato gli atti “per la sola parte nella quale è stata nominata la commissione giudicatrice, per la procedura in questione, con conseguente inefficacia di tutti gli atti conseguenti redatti dalla stessa commissione”.

Di fronte a queste due posizioni viene da chiedere: e adesso, visto che l’Università italiana si trova in queste condizioni, con contrapposizioni insanabili, cosa ha intenzione di fare il Ministero? Come è possibile che non si muova un dito di fronte a situazioni che ridicolizzano una intera istituzione? Il Miur è forse solamente un ente che distribuisce fondi e che politicamente persegue l’interesse dei voti del mondo accademico, ma non fa un solo atto affinché le procedure rispetti la legge, al punto che è costretta sempre a intervenire la magistratura?

Ora, come ben capite, siamo di fronte all’Università del “Far West”, gli atenei, i dipartimenti e le commissioni fai da te. Ognuno interpreta, applica, esegue i regolamenti, i bandi di concorso, le procedure di valutazione, l’assegnazione dei punti organico, a seconda della convenienza, dell’opportunità (forse si dovrebbe dire dell’opportunismo) e dello scambio. E mentre accade tutto ciò i candidati penalizzati sono costretti ad estenuanti ricorsi amministrativi e denunce penali che li mettono a rischio della vita professionale e li isolano, in attesa delle sentenze della magistratura, mentre le istituzioni e il Miur sta a guardare alla finestra, anzi molto spesso in alcuni casi, fino ad un recente passato, ha fornito pezze di appoggio agli illeciti e alle irregolarità.

Abbiamo provato ad ottenere maggiori informazioni sulla vicenda ed abbiamo saputo alcune cose. Per esempio che la graduatoria formulata dalla prima commissione, a seguito dell’intervento del Collegio di verifica, avrebbe visto il primo classificato al quarto posto e il quarto classificato (non ammesso al colloqui orale dalla commissione) al primo. Siamo entrati in possesso del verbale del 16 aprile 2019 nel quale la commissione, su richiesta dello stesso rettore, aveva espresso una nuova valutazione formale e di merito, rilevando che da parte del collegio di verifica “i rilievi sono stati resi osservando criteri di valutazione, procedure e modalità diverse rispetto a quelle stabilite dal bando

Non c’è bisogno di proseguire oltre: se così fosse, si tratta di un fatto gravissimo perché ribaltare l’esito di un concorso, non rispettando le modalità del bando pubblico messo a bando, lasciando in mano ad esperti di un altro settore la valutazione, e soprattutto non rilevando da parte del collegio, almeno a quanto risulta dallo stato attuale dei lavori, salvo comunicazioni o ulteriori indagini, alcuna macroscopica illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti, potrebbe apparire come una vera entrata a gamba tesa da parte del rettore in una procedura pubblica di concorso.

La giustizia amministrativa, ed eventualmente quella penale, farà il suo corso ed è demandata a ristabilire la verità dei fatti, da un punto di vista formale, l’una, nell’individuazione di eventuali reati, l’altra.

Quello che a noi interessa, più in generale, rilevare è che non è possibile lo scaricabarile e il rimpallo delle responsabilità , a tutti i livelli: le commissioni sono fintamente sorteggiate ed agiscono per conto dei dipartimenti; i rettori si chiamano fuori dalla responsabilità diretta quando conviene loro, richiamandosi all’autonomia dei dipartimenti e della discrezionalità del giudizio delle commissioni; il Miur dice che , essendoci l’autonomia degli atenei, prevista per legge, allora non può mai intervenire. Ma poi , puntualmente, a seconda della convenienza e della necessità per favorire tizio o caio, le regole vengono interpretate e piegate , e tutto viene ribaltato: un rettore può esautorare una commissione e nominarne un’altra se l’esito del concorso non è quello voluto, un dipartimento può annullare un posto se ritiene che prima c’era esigenza didattica e poi, improvvisamente, non c’è più, pur avendo stanziato la somma, il budget finanziario per quel posto, un ministero può fornire note di appoggio a richieste da parte di atenei che vanno nella direzione totalmente opposta alle sentenze della giustizia amministrativa su quello stesso argomento.

No, signori, l’Università dovrebbe essere una cosa seria, non il circo equestre che vediamo purtroppo tutti sotto i nostri occhi in questi giorni.

Leggi la lettera della SISE del 14 giugno 2019

Leggi il decreto del rettore di annullamento degli atti della commissione del 20 giugno 2019

Leggi l’articolo cartaceo pubblicato sul “Corriere della Sera” (ed. Milano) del 22 giugno 2019

  • Ancora sul sito di Trasparenza e merito gen 21

L’eccesso di potere del Rettore di Milano che gli si è ritorto contro: il Tar Lombardia lo bacchetta

Il Rettore di Milano e l’eccesso di potere che gli si ritorce contro: adesso dovrà eseguire il dettato della sentenza del Tar come un bidello qualunque (con tutto il rispetto per il bidello)!

Scrivono i giudici del Tar Lombardia in una sentenza di oggi, umiliante per il Rettore di Milano ma più in generale per l’Università italiana:

Se è vero che il potere di controllo del Rettore si presenta ampio, è altrettanto vero che la sua valutazione non può sovrapporsi a quella della commissione giudicatrice, dando luogo nella sostanza ad un nuovo giudizio di merito (…) in alcun modo può introdurre una rinnovazione o una duplicazione della valutazione del merito scientifico dei candidati, in sostituzione dell’organi preposto (…) diversamente da quanto stabilito dal regolamento dell’Ateneo, il collegio di verifica (nominato dal Rettore al posto della commissione legittima), ha espresso una propria valutazione su ciascuno dei candidati, ingerendosi nella valutazione (…) si verrebbe a creare un inusitato potere di veto da parte della Amministrazione, capace di sterilizzare ad libitum il contenuto della valutazione della commissione”. Il ricorso del candidato ricorrente e legittimo vincitore del concorso, Luca Fantacci, è accolto. Vengono annullati gli atti del Rettore e si condanna l’Università di Milano al pagamento a favore del ricorrente di 4 mila euro.

Ne avevamo parlato sul sito di “Trasparenza e Merito” per ben due volte qualche tempo fa, in due articoli, uno dal titolo “Uni Milano, quando l’università diventa far west: dall’autonomia della commissione al decisionismo del rettore” e poi in un altro dal titolo più ironico parafrasando la famosissima battuta del Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo “Uni Milano: Ti piace o’ presepe? No, e allora fora da casa mia!”.

Ebbene, proprio come avevamo pronosticato, chiedendo all’epoca l’intervento del Ministro di turno (non pervenuto), la sentenza nettissima dei giudici amministrativi, emessa proprio oggi, e sopra citata, sanziona pesantemente il Rettore Franzini il quale aveva tenuto un comportamento a dir poco originale ed annulla tutte le disposizioni da lui prese per quell’ormai famoso concorso per professore associato di storia economica.

In breve: una commissione dichiara vincitore il candidato più meritevole solo che a seguito di una segnalazione di una candidata, il Rettore non approva gli atti della commissione che aveva evidentemente deciso in modo difforme al suo “volere” e mette su un siparietto niente male, cioè nomina un comitato di presunti saggi per verificarne l’operato. Peccato che gli stessi esperti non siano nemmeno del settore disciplinare (storia economica) oggetto della procedura, in sostanza alcuni docenti in pensione e di storia moderna. In poche parole il Rettore chiama a raccolta un comitato di “incompetenti” del settore per valutare l’esito disposto da una commissione di competenti del settore, sembra una barzelletta ma è così. A quel punto il comitato retrocede il vincitore legittimo al quarto posto mentre la candidata che aveva segnalato, come per magia, diventa vincitrice. Ma ecco che il vincitore legittimo fa ricorso al Tar, rompendo le regole dell’omertà e della fedeltà al sistema, e ne ha ben donde verrebbe da dire.

Da lì inizia un susseguirsi di eventi con il Rettore che prova a costituire una nuova commissione che prenda per buona la valutazione dei cosiddetti “esperti” del suo comitato, ma le commissioni si dimettono tutte, fino a che una ultima commissione gli dice picche e dichiara vincitore nuovamente il legittimo vincitore dichiarato dalla prima commissione. Sembra uno scioglilingua. Senonché la parte più divertente della storia sono le motivazioni con le quali alla fine, visto l’esito negativo, il rettore, novello Re Sole, decide di annullare gli atti della procedura semplicemente perché l’esito non era stato quello da lui deciso, nonostante i pareri di due commissioni del settore: “evidente situazione di criticità complessiva” e “sopravvenuti motivi di pubblico interesse”.

Verrebbe da dire situazione di criticità, per chi? Non certo per l’interesse pubblico, né l’università in quanto tale, né per la collettività che paga le tasse per fare concorsi pubblici decisi per cooptazione personale, ma forse si tratta di criticità per lui in persona personalmente (direbbe il mitico appuntato Catarella del commissario Montalbano).

Nel senso che stavolta, caro Rettore, l’eccesso di potere le si è ritorto contro!

TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA DEL TAR

Pubblicato il 21/01/2021

N. 00192/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01742/2019 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1742 del 2019, integrato da

motivi aggiunti, proposto da

Luca Fantacci, rappresentato e difeso dall’avvocato Mara Boffa, con

domicilio digitale eletto presso la sua casella PEC come da Registri di

Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Milano, via

Eustachi, n. 7;

contro

Università degli Studi di Milano, in persona del Rettore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con

domicilio ex lege presso gli Uffici della stessa in Milano, via Freguglia,

n.1;

nei confronti

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https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/avvocato/visualizza 21/01/2021

Silvia Antonia Conca, non costituita;

Andrea Leonardi, non costituito;

per l’annullamento

quanto al ricorso introduttivo:

– del D.R. 1840/2019 del 20.05.2019 di revoca del D.R. n. 3323/2018

del 3.10.2018 “per la sola parte nella quale è stata nominata la

Commissione Giudicatrice per la procedura in questione, con

conseguente inefficacia di tutti gli atti conseguenti redatti dalla stessa

Commissione” e con cui la procedura è stata “rimessa a una nuova

Commissione Giudicatrice che sarà costituita ai sensi della normativa

vigente” (conosciuto in data 28.5.2019);

– del D.R. 431/2019 del 29.1.2019 con cui il Rettore dell’Università

degli Studi di Milano ha costituito un Collegio di verifica, con funzioni

consultive a supporto della verifica di regolarità degli atti della

procedura;

– del verbale del Collegio di verifica della procedura di selezione del 25

marzo 2015 (rectius 2019);

– della nota prot. 34894/2019 del 5.04.2019 con cui il Rettore

dell’Università degli Studi di Milano sulla base del verbale redatto dal

Collegio di verifica ha richiesto alla Commissione giudicatrice di

riesaminare titoli e pubblicazioni dei candidati, esprimendo una nuova

valutazione formale e di merito;

– dell’art. 14 del Regolamento per la disciplina della chiamata dei

professori di prima e di seconda fascia, in attuazione della Legge 30

dicembre 2010, n. 240 dell’Università degli Studi di Milano, ove

interpretato nel senso di consentire che il Collegio di verifica possa

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essere composto da docenti in quiescenza e non appartenenti al settore

concorsuale oggetto della selezione;

– con le statuizioni conseguenti, idonee a rendere effettivo il giudicato,

nella previsione dell’articolo 34, c. 1, lettera e), c.p.a.;

quanto al ricorso per motivi aggiunti:

– del D.R. 3120/2019 del 23.08.2019, conosciuto in data 06.09.2019, di

revoca del bando di indizione della procedura di selezione per la

chiamata di un professore di seconda fascia, ai sensi dell’art. 18, comma

1, della L. 240/2010, per il settore concorsuale 13/C1 – Storia

Economica – Settore Scientifico Disciplinare SECS-P/12 – Storia

Economica, presso il Dipartimento di Studi Storici – codice 3834,

emanato con il D.R. n. 2240/2018 del 19.6.2018;

– del D.R. 2920/2019 del 31.07.2019 con cui il Rettore dell’Università

degli Studi di Milano ha costituito la nuova Commissione Giudicatrice

per la procedura di selezione di cui sopra, nelle persone della Prof.ssa

Maria Fusaro (Univ. Exeter), Prof. Franco Maria Amatori (Università

Bocconi di Milano), e del Prof. Valerio Varini (Università degli Studi di

Milano Bicocca);

– del D.R. 3038/2019 del 7.08.2019 con cui il Rettore dell’Università

degli Studi di Milano ha costituito la nuova Commissione Giudicatrice

per la procedura di selezione sopra citata, nelle persone della Prof.ssa

Daniela Felisini (Università di Roma Tor Vergata), del Prof. Carlo

Marco Belfanti (Università degli Studi di Brescia) e del Prof. Ezio

Ritrovato (Università degli Studi di Bari);

– con le statuizioni conseguenti, idonee a rendere effettivo il giudicato,

nella previsione dell’articolo 34, c. 1, lettera e), c.p.a.

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Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di

Milano;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 novembre 2020 la dott.ssa

Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel

verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con decreto rettorale n. 2241/2018 del 19 giugno 2018 l’Università

degli Studi di Milano ha indetto una procedura di selezione per la

copertura di n. 1 posto di professore di seconda fascia ai sensi dell’art.

18, comma 1, della legge 240/2010, per il settore concorsuale 13 C/1

(Storia Economica) e settore scientifico-disciplinare SECS-P/12 (Storia

economica), presso il Dipartimento di Studi Storici.

1.1. Il ricorrente ha presentato domanda di partecipazione alla

procedura.

1.2. La Commissione giudicatrice all’uopo nominata, dopo aver stabilito

i criteri di valutazione (cfr. verbale n.1 del 30 ottobre 2018) in

conformità al bando e al Regolamento d’Ateneo per la chiamata dei

Professori di prima e seconda fascia, ha effettuato la valutazione dei

candidati, stilando una graduatoria di merito sulla base dei titoli e delle

pubblicazioni presentate dai medesimi (cfr. verbale n. 2 del 27

novembre 2018).

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In tale graduatoria il ricorrente è risultato collocato al primo posto con

56,5 punti.

La Commissione giudicatrice, quindi – così come previsto nel verbale n.

1 che stabiliva che fossero ammessi alla prova orale candidati in numero

triplo rispetto al posto da ricoprire secondo l’ordine della graduatoria di

merito risultante dalla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni – ha

ammesso alla prova orale i primi tre candidati della graduatoria.

L’odierno ricorrente, come previsto dal bando, è stato sottoposto anche

ad un’ulteriore prova didattica in quanto non in possesso delle

qualifiche previste dall’art. 10, comma 2, lettera k) del Regolamento

d’Ateneo (cfr. verbale n. 3 del 10 dicembre 2018).

Al termine della procedura di selezione, la Commissione ha individuato

all’unanimità (cfr. verbale n. 4 dell’11 dicembre 2018 e relativa relazione

finale) il Dott. Fantacci quale candidato maggiormente qualificato a

svolgere le funzioni didattiche e scientifiche richieste dal bando, avendo

quest’ultimo dimostrato “una solida preparazione dal punto di vista

metodologico, accompagnata dalla capacità di analizzare direttamente tanto le fonti

di carattere archivistico quanto la letteratura scientifica che caratterizza la ricerca

storico-economica, sia con riferimento all’età moderna sia rispetto all’età

contemporanea … come appare del resto evidente dalla sua estesa produzione

scientifica”.

1.3. In data 11 gennaio 2019, la candidata interna Dott.ssa Conca –

esclusa dalla prova orale essendosi collocata al quarto posto della

graduatoria con 42 punti e non avendo quindi conseguito un punteggio

sufficiente nella valutazione dei titoli e delle pubblicazioni – ha

presentato al Rettore un esposto evidenziando profili di illegittimità

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della procedura di selezione, sia in relazione ai criteri di valutazione sia

in relazione ai giudizi espressi dalla Commissione sui candidati

1.5. Il Rettore, decidendo di tenere conto della segnalazione pervenuta

dalla candidata Conca e richiamando l’art. 14 del Regolamento di

Ateneo, ha nominato, con D.R. 431/2019 del 29 gennaio 2019, un

Collegio di verifica con funzioni consultive “a supporto della verifica di

regolarità degli atti della procedura”.

1.6. Il Collegio di verifica (cfr. verbale del 25 marzo 2019, pur

erroneamente indicato come 2015) ha riesaminato integralmente i titoli

e le pubblicazioni dei candidati.

In esito a tale attività ha quindi proposto una nuova graduatoria che ha

visto la candidata Conca al primo posto e il ricorrente al quarto posto.

1.7. Il Rettore, ricevuto il verbale redatto dal Collegio di verifica, ha

richiesto alla Commissione con nota prot. 34894/2019 del 5 aprile 2019

di riesaminare titoli e pubblicazioni dei candidati “esprimendo una

valutazione formale e di merito”.

1.8. Nella seduta del 16 aprile 2019 la Commissione giudicatrice, preso

atto della richiesta del Rettore e presa visione del verbale redatto dal

Collegio di verifica e dei rilievi dallo stesso formulati, pur evidenziando

che “i criteri di valutazione, le procedure e le modalità adottate sono diverse rispetto

a quelle stabilite dal bando, dalle norme applicate dall’Ateneo e, di conseguenze, da

quelle utilizzate dalla Commissione giudicatrice stessa”, ha rinnovato il proprio

giudizio, precisando che: “La Commissione giudicatrice provvede a effettuare

quanto richiesto dal Rettore e osserva preliminarmente che la nuova valutazione non

potrà comunque discostarsi dalle disposizioni dell’Ateneo nel Regolamento per la

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disciplina della chiamata dei professori di prima e di seconda fascia in attuazione

della Legge 30 dicembre 2010, n. 240”.

La Commissione, quindi, in applicazione dei criteri di valutazione

predeterminati nel Verbale n. 1, ha confermato i punteggi già attribuiti

e, di conseguenza, la graduatoria finale, con l’odierno ricorrente

collocato al primo posto.

Il verbale contenente la rivalutazione dei titoli e delle pubblicazioni dei

candidati è stato trasmesso dalla Commissione giudicatrice al Rettore

nella stessa data del 16 aprile 2019.

1.9. Il Rettore con decreto 1840/2019 del 20 maggio 2019 ha disposto –

ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. n. 241/1990 – la revoca del D.R. n.

3323/2018 del 3 ottobre 2018 “per la sola parte nella quale è stata nominata

la Commissione giudicatrice per la procedura in questione, con conseguente inefficacia

di tutti gli atti conseguenti redatti dalla stessa Commissione” e ha rimesso la

procedura ad una nuova Commissione giudicatrice da costituirsi ai sensi

della normativa vigente, considerato che la difformità tra le valutazioni

espresse dai collegi “entrambi composti da esperti della materia concorsuale”

non consentirebbe “di chiarire in modo inequivoco, i dubbi sollevati in merito ai

presunti profili di illegittimità della procedura, né, per l’effetto, di procedere

all’approvazione degli atti”.

1.10. Avverso tale provvedimento e gli altri atti meglio indicati in

epigrafe il dott. Fantacci ha proposto ricorso, chiedendo l’annullamento

previa tutela cautelare.

1.11. Si è costituita in giudizio l’Università degli studi di Milano,

resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.

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1.12. Alla camera di consiglio dell’11 settembre 2019, convocata per

l’esame della domanda cautelare, il ricorrente vi ha rinunciato.

1.13. Successivamente il Rettore con decreto n. 2920 del 31 luglio 2019

ha nominato i nuovi componenti della Commissione, che, tuttavia, non

hanno accettato la nomina. Anche quelli successivamente nominati con

decreto n. 3038 del 7 agosto 2019 hanno ugualmente rifiutato la

nomina.

1.14. Quindi il Rettore, con decreto n. 3120 del 23 agosto 2019, preso

atto delle rinunce, ha revocato il bando di indizione della procedura e,

in definitiva, la procedura stessa.

1.15. Tale provvedimento, unitamente ai decreti di nomina della

Commissione, è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti

depositato in data 13 novembre 2019.

1.16. In vista della trattazione nel merito le parti hanno depositato scritti

difensivi insistendo nelle rispettive conclusioni.

1.17. Indi all’udienza pubblica del 4 novembre 2020 la causa è stata

chiamata e trattenuta in decisione.

DIRITTO

2. La vicenda di cui è causa può essere sinteticamente riassunta secondo

due successive sequenze procedimentali, cui corrispondono

rispettivamente l’impugnazione degli atti con il ricorso introduttivo e

con quello per motivi aggiunti.

2.1. Secondo la prima sequenza, nell’ambito della selezione per la

copertura di n. 1 posto di professore di seconda fascia ai sensi dell’art.

18, comma 1, della legge 240/2010, per il settore concorsuale 13 C/1

(Storia Economica) e settore scientifico-disciplinare Secs-P/12 (Storia

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economica), presso il Dipartimento di Studi Storici, indetta

dall’Università degli Studi di Milano, la Commissione ha proceduto alla

valutazione dei candidati, all’esito della quale ha individuato l’odierno

ricorrente quale candidato maggiormente qualificato.

2.1.1. Senonché il Rettore, a seguito dell’esposto presentato da una

concorrente, non ammessa alla prova orale, circa l’esistenza di profili di

illegittimità della procedura, facendo applicazione dell’art. 14 del

Regolamento sulle procedure di chiamata, ha nominato un Collegio di

verifica, “a supporto della verifica di regolarità degli atti” della procedura.

2.1.2. Tale Collegio ha proceduto ad una valutazione autonoma dei

candidati, pervenendo ad un giudizio difforme da quello della

Commissione, che, chiamata a ripronunciarsi, ha confermato la propria

valutazione.

2.1.3. Indi il Rettore ha revocato la nomina della predetta Commissione,

rimettendo la procedura ad una nuova Commissione.

2.1.4. Tale sequenza di atti (tutti identificati e indicati nella parte in

epigrafe nonché nella parte in fatto) sono stati impugnati con il ricorso

introduttivo.

2.2. La seconda sequenza procedimentale si compone degli atti di

nomina della nuova Commissione, non andati a buon fine per il rifiuto

dei componenti nominati di accettare l’incarico, e della determinazione

del Rettore di revocare, infine, la procedura.

2.2.1. Tali atti sono stati impugnati con il ricorso per motivi aggiunti.

3. La descrizione di quanto precede porta il Collegio a ritenere

prioritario l’esame del ricorso per motivi aggiunti, il cui esito è destinato

ad incidere sulla sorte processuale del ricorso introduttivo. Se infatti il

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ricorso per motivi aggiunti non fosse fondato, il ricorso introduttivo

sarebbe improcedibile, posto che l’intera procedura è stata revocata, di

talchè il ricorrente non avrebbe più alcun interesse a contestare, sotto

alcun profilo, gli atti di una selezione ormai espunta dal mondo

giuridico.

Di contro, se il ricorso per motivi aggiunti fosse fondato, il ricorso

introduttivo dovrebbe essere esaminato nel merito,

4. Dunque, il ricorso per motivi aggiunti è affidato ai mezzi di gravame

di seguito sintetizzati:

I) Violazione dell’art. 21-septies L. n. 241/1990. Violazione dei principi

di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.

Incompetenza. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di

istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei presupposti,

difetto assoluto di attribuzione. Sviamento di potere: posto che non

avrebbe dovuto essere effettuata nessuna rivalutazione dei candidati, il

Rettore non avrebbe avuto il potere di revocare la procedura;

II) Violazione dell’art. 97 Cost., degli artt. 1, 3, 7 e 21 quinquies L. n.

241/1990, dell’art. 18 L. 240/2010. Violazione dei principi di

imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di

potere per incongruenza, illogicità e irragionevolezza della motivazione:

non sussisterebbe una motivazione plausibile delle mutate ragioni di

interesse pubblico a fondamento della revoca della procedura.

L’inadeguatezza della motivazione sarebbe vieppiù evidente tenuto

conto della cornice normativa tracciata dall’art. 18 della L. 240/2010, ai

sensi del quale le procedure per la chiamata dei professori di prima e di

seconda fascia di ciascun ateneo statale sono effettuate sulla base di una

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programmazione triennale, volta a garantire la sostenibilità nel tempo

degli oneri finanziari e stipendiali. Il provvedimento di revoca sarebbe

carente anche sotto tale profilo, non dando conto di alcun mutamento

delle esigenze sottese alla programmazione triennale;

III) Illegittimità derivata: i provvedimenti gravati in questa sede

sarebbero viziati per invalidità derivata.

5. Va rilevato preliminarmente che nell’articolazione impugnatoria il

ricorrente non deduce specifici motivi di censura in relazione ai due

provvedimenti di nomina della Commissione.

Il che rende di per sé inammissibile l’impugnazione per violazione

dell’art. 40 comma 1 lett. d) c.p.a.

D’altro canto tali provvedimenti – per effetto delle immediate rinunce

dei componenti nominati – non hanno prodotto alcun effetto, non

avendo quindi inciso nella sfera giuridica del ricorrente.

Ne discende l’inammissibilità dell’impugnazione dei provvedimenti

predetti anche sotto tale profilo.

6. Il primo ed il secondo mezzo di gravame possono essere esaminati

congiuntamente.

Il supporto motivazionale del provvedimento di revoca della procedura

è rinvenibile nelle perifrasi di seguito riportate:

– “dato atto che le reiterate rinunce [dei nominati componenti della nuova

Commissione] rendono evidente l’impossibilità a nominare la nuova

Commissione”,

– “considerato che le esigenze di garantire la tempestiva conclusione della procedura e

di assicurare le condizioni di assoluta imparzialità e terzietà per un’obiettiva

valutazione ex novo dei candidati che avevano condotto alla nomina di una

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Commissione Giudicatrice, debbano allo stato essere valutate in ragione dell’interesse

pubblico a non procrastinare una situazione di obiettiva incertezza, non imputabile

all’Università”,

– “dato atto che le reiterate attività condotte dall’amministrazione finalizzate alla

costituzione della commissione hanno dato un esito sempre negativo che – vista la

dinamica dei fatti e le giustificazione prodotte dai commissari nominati – denota una

evidente situazione di criticità complessiva, difficilmente spiegabile ma oggettivamente

strumentale e preclusiva alla regolare nomina di una commissione, che

ragionevolmente rende necessaria ed opportuna la revoca del bando con il quale è

stata indetta la procedura”.

7. Va rammentato che ai sensi dell’art. 21-quinquies, della legge n. 241 del

1990, nella sua versione vigente ratione temporis, a seguito della novella

introdotta con dall’art. 25, comma 1, lettera b-ter, del decreto-legge 12

settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11

novembre 2014, n. 164, “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel

caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione

del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di

attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico

originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato

da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge”.

8. Il Collegio osserva che i fatti posti a fondamento della motivazione

espressa nel provvedimento impugnato non possono ritenersi ascrivibili

ai presupposti di cui alla norma sopra richiamata, avuto particolare

riguardo a sopravvenuti motivi di pubblico interesse e al mutamento

della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del

provvedimento.

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8.1. Sotto un primo profilo la difficoltà riscontrata nel costituire la

nuova commissione giudicatrice costituisce una criticità superabile

tenuto conto che la scelta è stata diretta nei confronti di soli sei soggetti,

che tuttavia non esauriscono certo il bacino dei professori del settore

concorsuale 13/C1.

In ogni caso la riscontrata difficoltà non può certamente costituire un

mutamento della situazione di fatto e, tanto meno, un sopravvenuto

motivo di interesse pubblico idoneo a legittimare la revoca della

procedura.

8.2. Sotto altro profilo va osservato che l’indizione di una procedura

selettiva in ambito universitario costituisce attuazione della

programmazione triennale del fabbisogno del personale docente (cfr.

art. 1 ter del D.L. 7/2005, richiamato dall’art. 18 comma 2 della L.

240/2010), che, a sua volta, rappresenta la sintesi delle esigenze di

approvvigionamento del personale docente e delle disponibilità

finanziarie.

Il bando in questione dà espressamente atto che le relative procedure di

chiamata “rientrano nella programmazione triennale” e richiama le delibere

con cui il Consiglio di Amministrazione ha disposto l’assegnazione ai

Dipartimenti dei posti di professore di II fascia nonché le delibere con

cui i Consigli di Dipartimento hanno fornito le indicazioni utili per

l’emanazione dei relativi bandi.

8.3. Ciò osservato, nessun elemento riferibile al mutamento delle

esigenze di approvvigionamento o di sopravvenuto deficit delle risorse

finanziarie viene addotto dal Rettore a sostegno della disposta revoca

della procedura.

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La manifestata esigenza di “non procrastinare una situazione di obiettiva

incertezza, non imputabile all’Università” appare una motivazione generica e

decontestualizzata, non tenendo conto delle esigenze che, a monte,

hanno condotto all’indizione della procedura.

Nessun riferimento a indicazioni in tal senso del Consiglio di

Dipartimento competente si rinviene nel provvedimento impugnato,

organo che necessariamente deve intervenire nella richiesta di posti da

ricoprire e quindi anche nella corrispondente revoca.

8.4. In altri termini il provvedimento di revoca della selezione, pur

andando a incidere su un atto di rilevanza strategica come quello di

programmazione triennale, non esplicita in alcun modo il nuovo assetto

organizzativo che dovrebbe giustificare la determinazione assunta.

In sintesi le ragioni poste a fondamento dello jus poenitendi

dell’Università non sono coerenti né con il quadro fattuale né con la

cornice normativa di riferimento.

8.5. In conclusione, assorbiti ulteriori profili di censura, il ricorso per

motivi aggiunti è fondato e va accolto, dovendosi disporre

l’annullamento del provvedimento di revoca del bando.

9. L’accoglimento del ricorso per motivi aggiunti determina, come sopra

rilevato, la necessità di scrutinare il ricorso introduttivo, diretto contro

la sequenza procedimentale che ha condotto al provvedimento di

revoca della Commissione giudicatrice, per difformità del giudizio

confermato dalla stessa rispetto a quello del Collegio di verifica

nominato dal Rettore.

10. Il ricorso è affidato ai motivi di gravame di seguito sintetizzati:

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I) Violazione degli artt. 97 Cost., 1, 3, 7, 17-bis, 20 e 21 quinquies della L.

n. 241/1990. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento

dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto di motivazione

e di istruttoria: il decreto di revoca della Commissione non sarebbe

stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, tenuto

conto che il ricorrente era il vincitore della procedura. Il potere di

autotutela sarebbe stato, inoltre, esercitato al di fuori del perimetro

consentito dall’art. 21-quinquies della L. n. 241/1990. Invero ai sensi

dell’art. 5 del D.P.R. 2000, n. 117, e dell’art. 14, c. 3, del Regolamento di

Ateneo, il Rettore, salvo che riscontri irregolarità è tenuto ad accertare

con proprio decreto, entro trenta giorni dalla consegna, la regolarità

degli atti e a dichiarare i nominativi dei vincitori o degli idonei. Il

rapporto tra la Commissione giudicatrice (cui compete la funzione

valutativa) e il Rettore (cui compete l’approvazione degli atti della

Commissione) rientrerebbe nel paradigma di cui all’art. 17-bis della L. n.

241/1990, potendo tale approvazione ricondursi appunto all’accezione

di atto di assenso, concerto o nulla osta che, ai sensi dell’art.17-bis della

Legge 241 del 1990, deve essere emanato entro trenta giorni dal

ricevimento dello schema di provvedimento. Il Rettore avrebbe lasciato

decorrere inutilmente tale termine, il che comporterebbe l’automatica

acquisizione del provvedimento di approvazione degli atti per

decorrenza del termine. L’autotutela avrebbe quindi dovuto riguardare

anche il provvedimento tacito di approvazione degli atti concorsuali,

medio tempore formatosi per decorso del termine dei 30 giorni, mentre

nella specie avrebbe inciso soltanto sulla nomina della Commissione e

sugli atti da questa adottati;

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2) Violazione dell’art. 5 del D.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, dell’art. 14

del Regolamento dell’Università degli Studi di Milano per la disciplina

della chiamata dei professori di prima e seconda fascia, degli artt. 1, 3,

21-quinquies e 21-septies della L. n. 241/1990, e dell’art. 17 del Bando di

concorso. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento

dell’azione amministrativa. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto

di motivazione e di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, travisamento

dei presupposti, difetto assoluto di attribuzione. Sviamento di potere: il

controllo assegnato al Rettore è di tipo formale, non potendo incidere

sulla discrezionalità tecnica assegnata alla Commissione esaminatrice.

Tale controllo non può in alcun modo estendersi sino al punto da

consentire al Rettore e al Collegio di verifica di sindacare il merito delle

valutazioni effettuate dalla Commissione giudicatrice. Al Collegio di

verifica è stato richiesto di rendere un parere tecnico-consultivo sulla

scorta dell’esposto presentato dalla candidata interna “in merito a presunti

profili di illegittimità della procedura, attinenti, nello specifico, la determinazione e

l’applicazione dei criteri di valutazione” senza alcuna precisa e chiara

indicazione circa i pretesi profili di illegittimità ravvisabili nella

valutazione della Commissione. L’esposto sarebbe quindi divenuto una

sorta di pretesto per rifare il giudizio comparativo, sovvertendo gli esiti

del concorso. In violazione dell’art. 14 del Regolamento di Ateneo il

Collegio di verifica non si sarebbe limitato a verificare la sussistenza di

pretesi vizi di forma, ma avrebbe completamente riformulato il giudizio

nei confronti dei soli candidati Fantacci e Conca, a detrimento del

primo, giungendo addirittura a sovvertire la posizione conseguita dai

due candidati nella graduatoria approvata dalla Commissione. Inoltre

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avendo la Commissione giudicatrice ritenuto di confermare la

valutazione già espressa nei confronti dei candidati e la graduatoria

finale, il Rettore non avrebbe avuto alcun potere di sindacare il merito

delle valutazioni effettuate dalla Commissione;

III) Violazione dell’art. 5 del D.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, dell’art. 14

del Regolamento dell’Università degli Studi di Milano per la disciplina

della chiamata dei professori di prima e seconda fascia, dell’art. 17 del

Bando di concorso, dell’art. 21-quinquies L. 7 agosto 1990, n. 241.

Incompetenza. Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà,

travisamento dei presupposti. Sviamento di potere: il provvedimento

rettorale di autotutela si fonderebbe su una motivazione illogica e

irragionevole, con riferimento ai tre profili di contrasto tra le

conclusioni del Collegio di verifica e quelle della Commissione;

IV) Violazione dell’art. 5 del D.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, degli artt. 12

e 14 del Regolamento dell’Università degli Studi di Milano per la

disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia,

dell’art. 17 del Bando di concorso, degli artt. 1, 3, 21-quinquies L. 7

agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà,

travisamento dei presupposti. Sviamento di potere: la scelta dei

componenti del Collegio di verifica sarebbe ricaduta su docenti di Storia

Moderna che, in quanto appartenenti ad altro SSD (M-STO/02), non

potrebbero essere ritenuti “esperti” del SSD cui afferisce la selezione di

trattasi. Sebbene la normativa richiamata in epigrafe non indichi quali

criteri debbano essere osservati per la nomina di tale Collegio, non può

dubitarsi che, affinché il parere tecnico-consultivo possa essere

considerato attendibile, i componenti del Collegio medesimo debbano

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vantare una competenza specifica nel settore concorsuale relativo alla

posizione da ricoprire.

11. Il Collegio, in applicazione del principio della ragione più liquida,

ritiene di esaminare in via prioritaria il secondo mezzo di gravame.

12. Il motivo è diretto nei confronti sia del provvedimento di nomina

del Collegio di verifica e della conseguente sua attività valutativa sia del

decreto di revoca della Commissione.

13. Ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 23 marzo 2000, n. 117 il Rettore con

proprio decreto, accerta, entro trenta giorni dalla consegna, la regolarità

degli atti compiuti dalla Commissione e, nel caso in cui riscontri

irregolarità invia con provvedimento motivato gli atti alla Commissione,

assegnandole un termine.

Ai sensi dell’art. 14 del Regolamento di Ateneo per la disciplina della

chiamata dei professori di prima e seconda fascia l’accertamento della

regolarità degli atti della Commissione compete al Rettore il quale, ove

ne ravvisi l’opportunità, può avvalersi della consulenza di un collegio di

verifica da lui stesso nominato, con l’incarico di esaminare in via

preliminare, sotto il vincolo della riservatezza, gli atti predisposti dalla

Commissione medesima. Nel caso riscontri o gli vengano segnalati vizi

di forma, il Rettore, con provvedimento motivato, rinvia gli atti alla

Commissione perché provveda alla loro regolarizzazione entro il

termine stabilito dallo stesso.

14. La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che il controllo di

regolarità del Rettore, disciplinato dall’art. 5 del D.P.R. 117/2000 a

garanzia del corretto operato delle commissioni preposte alla selezione,

ha contenuto pregnante, investendo non solo l’osservanza delle regole

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formali del procedimento, ma anche la completezza e l’adeguatezza

dell’istruttoria, l’assenza di contraddittorietà interna, la congruità e la

sufficienza della motivazione, la finalizzazione dei giudizi idoneativi, allo

scopo primario di selezionare docenti in possesso di qualità

caratterizzate da livelli di eccellenza quanto alla produzione scientifica,

all’esperienza didattica, all’impegno nei settori della ricerca, peculiari e

non eludibili per il conferimento dei posti di insegnamento a livello

accademico (Consiglio di Stato sez. VI, 17 luglio 2020, n.4614; TAR

Milano sez. III 14 giugno 2016 n. 1186; TAR Lazio – Roma, sez. III, 9

novembre 2012, n. 9240; Consiglio Stato, sez. VI, 29 febbraio 2008, n.

754).

14.1. Pertanto, il potere del Rettore in relazione agli atti della

Commissione può essere esercitato in relazione a qualsiasi illegittimità

sanabile mediante la rinnovazione delle attività amministrative, senza

limitazione dei vizi sanabili alle mere irregolarità (TAR Torino sez. I, 5

aprile 2013, n. 423; TAR Catania, sez. III, 11 febbraio 2013, n. 400;

Cons. Stato, sez. VI, 27 febbraio 2012, n. 1104; Consiglio Stato, sez. VI,

02 maggio 2005, n. 2067; TAR Torino, sez. I, 30 giugno 2011, n. 705).

14.2. Se è vero che il potere di controllo del Rettore si presenta ampio, è

altrettanto vero che la sua valutazione non può sovrapporsi a quella

della Commissione giudicatrice, dando luogo nella sostanza ad un

nuovo giudizio di merito riservato alla sola sfera di discrezionalità

tecnica della Commissione giudicatrice.

Il controllo del Rettore investe “ab externo” l’operato della Commissione

giudicatrice e in alcun modo può introdurre una rinnovazione o

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duplicazione della valutazione del merito scientifico, culturale e

didattico dei candidati, in sostituzione dell’organo a ciò preposto.

La Commissione ha infatti il compito di valutare i candidati in relazione

al settore concorsuale e scientifico-disciplinare messo a concorso, di

redigere una graduatoria assegnando i punteggi in applicazione dei

criteri prefissati, per pervenire infine all’individuazione del candidato

maggiormente qualificato alle funzioni didattiche e scientifiche.

Non si tratta di una procedura abilitativa, bensì comparativo-valutativa

della congruità del profilo scientifico del candidato in relazione al posto

oggetto della procedura concorsuale.

E tale valutazione è rimessa, appunto, esclusivamente alla

Commissione, che esprime un “giudizio qualitativo” sulle esperienze e

sulla preparazione scientifica dei candidati, attinente all’ampia sfera della

discrezionalità tecnica.

15. Così delineata la cornice di riferimento ai fini dello scrutinio degli

atti impugnati, va osservato che, a fronte dell’esposto di una candidata

che lamentava la non corretta applicazione dei criteri di valutazione da

parte della Commissione (dunque, di fatto, censurando il proprium

dell’attività valutativa dell’organo tecnico), il Rettore, facendo

applicazione della facoltà concessa dall’art. 14 del Regolamento di

ateneo, e ritenendo opportuno “acquisire un parere tecnico-consultivo, a cura

di soggetti aventi specifica qualificazione nella materia di concorso, in merito alle

questioni contestate”, ha nominato, con provvedimento del 29 gennaio

2019, il Collegio di verifica.

16. Va innanzi tutto rilevato che nel provvedimento di nomina il

Rettore non esplicita quali sarebbero le circostanze da cui ha tratto il

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convincimento circa l’opportunità di ricorrere alla consulenza di un

collegio di verifica, facendo mero riferimento all’esposto della

candidata.

Tale riferimento appare però piuttosto un semplice antecedente storico,

non essendo accompagnato né dall’esplicitazione del contenuto

dell’esposto stesso, né, soprattutto, da alcuna autonoma manifestazione

di giudizio del Rettore in relazione al contenuto predetto, anche tenuto

conto del fatto che nell’esposto è stata contestata in sé l’attività di

determinazione dei criteri e di valutazione della Commissione (in

particolare quanto alle pubblicazioni e all’apporto individuale dei

candidati), sovrapponendo, per ciascun candidato, la personale opinione

dell’esponente alla valutazione dell’organo tecnico.

16.1. Va poi osservato che nel provvedimento di nomina non è stato

circoscritto l’ambito del mandato conferito al Collegio, sicchè deve

ritenersi, necessariamente, che lo stesso dovesse operare nei limiti di cui

all’art. 14 del predetto Regolamento, dunque esaminando gli atti

“predisposti” dalla Commissione, senza tuttavia sovrapporre una

propria valutazione o “ripetere” l’attività svolta.

16.2. Ebbene, diversamente da quanto stabilito dal Regolamento, il

Collegio di verifica, lungi dal fornire un parere circa gli atti assunti dalla

Commissione, ha espresso una propria valutazione su ciascuno dei

candidati, non facendo riferimento, secondo quanto risulta dal verbale

della riunione del 25 marzo 2019, né ai criteri stabiliti dalla

Commissione giudicatrice, né a propri criteri autonomamente e

previamente determinati.

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Il Collegio di verifica, ingerendosi nella valutazione dei titoli dei

candidati ed esprimendo giudizi sul merito professionale e culturale

degli stessi, ha di fatto duplicato l’attività dell’organo a ciò deputato,

pervenendo financo alla formazione di una nuova graduatoria di merito.

16.3. La Commissione giudicatrice chiamata a ripronunciarsi ha

confermato il proprio giudizio con ampia e circostanziata motivazione,

all’esito di una scrupolosa rinnovazione dell’attività valutativa (come si

evince dalla 28 pagine che compongono la relazione a seguito della

seduta del 16 aprile 2019).

16.4. A fronte della conferma del giudizio da parte della Commissione,

il Rettore, con il decreto del 20 maggio 2019, trovandosi al cospetto di

due (diverse) valutazioni di merito espresse dai due organismi, ha

disposto la revoca della Commissione giudicatrice, con conseguente

inefficacia di tutti gli atti.

17. La sequenza degli atti di cui sopra, avvinti tra loro da una stretta

connessione logica e giuridica, in quanto collegati da una “causa”

unitaria, costituisce un vulnus alle regole che governano le procedure

selettive.

In tale ambito le valutazioni affidate alla cura dell’organo tecnico sono

vincolanti per l’amministrazione che ha indetto la selezione in ordine ai

giudizi tecnico-discrezionali formulati sui profili curriculari dei

candidati. L’Amministrazione che ha bandito il concorso non può

legittimamente disattendere i risultati dell’attività valutativa della

commissione giudicatrice all’uopo nominata, se non laddove siano stati

verificati – e adeguatamente esplicitati – vizi dell’attività della

Commissione stessa. Diversamente opinando si verrebbe a creare un

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inusitato potere di veto da parte della Amministrazione, capace di

sterilizzare ad libitum il contenuto degli apprezzamenti tecnico-

discrezionali dell’organo competente a compiere la valutazione dei

concorrenti, in spregio ai più elementari principi di trasparenza e buon

andamento dell’azione amministrativa (Cons. Stato sez. VI 28 giugno

2016 n. 2855).

18. Il Rettore, di contro, nella procedura de qua, non si è limitato ad

acquisire un parere sull’attività svolta dalla Commissione, parere che

avrebbe dovuto formare il corredo istruttorio su cui svolgere autonome

considerazioni, ma ha di fatto sovrapposto alla valutazione di merito

della Commissione quella, ugualmente di merito, del Collegio di verifica.

18.1. Quest’ultimo ha operato proprie valutazioni su ciascuno dei

candidati senza esplicitare su quali criteri avrebbe condotto la propria

attività.

Non risulta quindi possibile desumere ex post quale criterio logico-

comparativo abbia guidato il Collegio di verifica nella valutazione dei

candidati, in quanto la relativa attività risulta svincolata da qualunque

coordinata stabilita ex ante.

La revoca della Commissione costituisce chiara manifestazione del

convincimento del Rettore circa la non attendibilità della valutazione

della stessa, ma, nel provvedimento impugnato, non è stata espressa

alcuna motivazione in proposito, se non la constatazione del diverso

giudizio di merito del Collegio di verifica, che, tuttavia, non è l’organo

deputato a pronunciarsi sulla valutazione dei candidati.

18.2. Se è vero, come sopra rilevato, che il potere di verifica attribuito al

Rettore ha un ampio raggio di azione, è altrettanto vero che, per non

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obliterare l’attività della Commissione e la sua competenza esclusiva

nell’espressione della discrezionalità tecnica, ogni decisione del Rettore

che incida nella sfera di attribuzione della Commissione deve essere

puntualmente motivata. E certamente il controllo non può spingersi

fino a sostituire il giudizio di merito della Commissione con quello di un

altro organo (compreso il Rettore), destinato dalla normativa di

riferimento ad operare su un piano differente.

19. In conclusione, sotto i profili dedotti ed esaminati, assorbiti gli

ulteriori motivi di censura, il ricorso introduttivo è fondato e va accolto.

19.1. Va conseguentemente disposto l’annullamento degli atti

impugnati, ed in particolare il provvedimento di nomina del Collegio di

verifica, la relazione del Collegio e il decreto di revoca della

Commissione esaminatrice.

19.2. Al fine di dare corretta esecuzione alla presente sentenza, ai sensi

dell’art. 34 comma 1 lett. e) c.p.a., questo Collegio ritiene di precisare

quanto segue.

Il Rettore, anche tenendo conto dei principi affermati nella presente

decisione, dovrà nuovamente pronunciarsi sulla regolarità degli atti della

procedura non annullati dal Tribunale (in particolare gli atti formati

dalla Commissione giudicatrice), potendo alternativamente addivenire

ad una decisione allo stato degli atti ovvero, facendo corretta

applicazione dell’art. 14 del Regolamento di Ateneo per la disciplina

della chiamata dei professori di prima e seconda fascia, ricorrendo

all’ausilio meramente consultivo del Collegio di verifica, che dovrà

essere composto da esperti del medesimo settore scientifico disciplinare

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indicato nel bando e che dovrà pronunciarsi sugli atti formati dalla

Commissione nei limiti sopra indicati.

20. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in

dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione

Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe

proposto,

– accoglie il ricorso introduttivo, e per l’effetto annulla gli atti indicati in

parte motiva;

– in parte dichiara inammissibile, in parte accoglie il ricorso per motivi

aggiunti, e per l’effetto annulla il decreto del Rettore n. 3120 del

23.8.2019.

Condanna l’Università degli Studi di Milano al pagamento, a favore del

ricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € 4.000,00

(quattromila), oltre oneri fiscali, previdenziali e spese generali di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 4 novembre

2020 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Valentina Santina Mameli, Consigliere, Estensore

Rosanna Perilli, Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Valentina Santina Mameli Domenico Giordano

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IL SEGRETARIO

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