L’ultima storia dei genitori salvadoregni di Brian

L’ultima storia dei genitori di Brian

Nel febbraio 2021 Elsy ha telefonato a mia sorella per dirle che aveva contratto il covid per contagio da suo marito, il quale si era infettato in ospedale (doveva andarci due giorni a settimana per la dialisi). Entrambi erano ricoverati nel reparto covid, ormai tre quarti dell’intero ospedale. Dopo qualche giorno ho chiamato la sorella di Elsy, una donna molto intelligente, per avere notizie precise. La signora mi ha detto che Elsy era stata pronata e che i medici avevano avvertito la famiglia che la mamma di Brian non aveva alcuna speranza di sopravvivenza. Il marito, invece, era in terapia sub-intensiva. Elsy venne trasferita all’ospedale in fiera di Milano, dove morì pochi giorni dopo. La sorella e la figlia della poverina ci chiesero di partecipare alla colletta per il trasferimento della salma nella nostra città. Ebbi così l’occasione di fare, con mia sorella, un ultimo regalo a Brian. I medici informarono il marito del decesso della consorte. Pare che legalmente abbiano il dovere di farlo. Il poverino non nascose la propria disperazione. Morì egli pure qualche giorno dopo. A me pare, quando ammiro il cielo un po’ trasognata, di vederli tutti e tre sorridenti tra le nuvole. I familiari dei tre continuano a dimostrare una riconoscenza immensa, e commovente, a mia sorella e a me.

In realtà sono io che ho contratto un debito immenso con tutti loro. Grazie a loro ho potuto vedere e accarezzare il volto migliore dell’Italia: dirigenti scolastici che ammettono a scuola bimbi “clandestini”,  perché tutti i bambini hanno diritto all’istruzione; tante persone che hanno regolarizzato con orgoglio clandestini di cui si fidavano e che sapevano onesti e laboriosi; magistrati dalla schiena rotta dal carico di lavoro, i quali trovano sempre il  tempo per dare consulenze gratuite al fine di aiutare i poveretti; medici di base i quali si sono costituiti in associazioni che seguono dal punto di vista sanitario i clandestini indigenti o quasi. E mi sono sentita orgogliosa di vivere in un Paese – che per tanti aspetti odio, a  causa del tasso elevatissimo di corruzione e clientelismo e della brutale ignoranza diffusa, anche nei ceti abbienti – in un Paese nel quale tutti vengono ricoverati in ospedale, operati se del caso, e assistiti in modo continuativo, anche gli “invisibili”. E ciò mi è accaduto quando prima Bossi e poi Salvini, gli uomini che non hanno mai avuto un mestiere, avevano raggiunto i vertici della politica demagogica e seminatrice di odio.

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