Sentiamo dire che la Russia si sta giocando il tutto per tutto con la questione Kherson (la regione e la città omonima). Se gli Ucraini riprenderanno il controllo di Kherson per la Russia sarà il disastro, la sconfitta, il fallimento. Ma perché Kherson ha questo immenso valore?

Ho ascoltato tante persone sull’argomento e ho letto tantissimi articoli di giornali di buon livello. L’articolo di gran lunga migliore, nella sua sinteticità è quello pubblicato su “Avvenire”, il quotidiano della CEI. Lo espongo qui sotto [le sottolineature sono mie].

Ucraina. Perché la “battaglia per Kherson” diventerà uno spartiacque


Francesco Palmas sabato 15 ottobre 2022

Chi controlla Kherson e i porti in acque profonde del Mare d’Azov domina poi la Crimea e regna sul Mar Nero. Probabile che Putin resisterà fino alla primavera quando avrà pronti i 300mila riservisti

Villaggio dopo villaggio, l’esercito ucraino sta stringendo il cappio intorno a Kherson. Diversamente dal Donbass, qui la battaglia è metodica. Ricorda le offensive di Montgomery durante la Seconda guerra mondiale, ragionate e lente.

Le difese russe, scaglionate in profondità, sono arretrate piano piano di decine di chilometri. Inferiori in bocche da fuoco e in uomini, non possono che abbozzare contrattacchi limitati. Il loro corpo di spedizione, mal rifornito, allinea appena 25mila soldati. Il nemico ne ha tre, quattro volte tanto. Manovra meglio e lo fa con acume tattico. Evita l’assalto frontale. Scommette piuttosto sull’agilità per vie interne. Muove solo i reparti più veloci, lanciandoli a bordo di jeep blindate e pick-up. Li protegge con raid d’interdizione incessanti, favorito da artiglierie più prestanti.

È una tattica poco spettacolare, ma che sta pagando, accerchiando l’obiettivo finale. Che sorte riserverà a Kherson? Si assisterà a combattimenti casa per casa, costosi e improbabili, o gli ucraini espugneranno la metropoli gradualmente, assediandola e facendola capitolare come un frutto maturo? La città è quasi circondata. È come un’isola priva di ponti con la terraferma. Gli interrogativi allora si affollano. Avranno i russi abbastanza carburanti e munizioni per difenderla? Una cosa è certa: daranno battaglia. Stanno contrattaccando a Nova Kamianka e Suhy Stavok. Hanno fortificato tutte le difese, blindando i cinque chilometri a sud dell’asse Davyid Brid-Dudchany. Vi si sono trincerati, ribattendo metro su metro. Attendono rinforzi.

Per il Kiev Independent, c’è del nuovo in fieri. I comandi russi nel Donetsk rallenteranno presto le offensive nella regione e rimpolperanno l’arco meridionale, fra Kherson e Zaporizhzhia. Muovendo da quest’ultima, gli ucraini avrebbero infatti nel mirino anche Melitopol e Berdyansk. Parliamo di centri nevralgici, porte d’accesso al Mare d’Azov e alla Crimea. Qui si giocheranno le sorti della campagna militare russa e del prestigio personale di Vladimir Putin. Se vi partisse una terza offensiva ucraina, vittoriosa, Kherson, il litorale azoviano e la penisola di Crimea vacillerebbero. Si tratta di una prospettiva inaccettabile per il Cremlino, per motivi duplici, economici e geostrategici. Fluiscono da lì gran parte delle vie del grano mondiali e le copiose produzioni carbonifero-siderurgiche del Donbass.

Chi controlla Kherson e i porti in acque profonde del Mare d’Azov domina poi la Crimea e regna sul Mar Nero, via d’accesso al Mediterraneo, obiettivo russo imprescindibile fin dai tempi di Pietro il Grande, perché da qui il Paese ha un’autostrada spalancata sull’«oceano mondiale», indiano e atlantico, scrigno di ricchezze globali. Ne va del rango internazionale della Russia, altrimenti menomato.

Ecco perché è molto probabile che Putin resisterà ad oltranza fra Kherson e Zaporizhzhia. Si è già fatto due calcoli: le piogge autunnali ostacoleranno a breve la manovra ucraina e, in primavera, avrà pronti i 300mila riservisti testé mobilitati. Allora l’Armata rossa potrà giocare con l’Ucraina su un piano di parità numerico. Mesi duri e drammatici si profilano all’orizzonte.

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