Sicilia, estate 2022

Sicilia, estate 2022

Sono di nuovo al Nord, a casa mia, meno male!

Cefalù quest’anno è stata la località turistica più affollata della mia isola natale, affollatissima tutta, direi brulicante di turisti da tutto il pianeta, Russia esclusa (un giorno un Serbo mi ha tirato fuori dall’acqua). Io abitavo in collina, in un quartierino indipendente in casa di una carissima amica.

Secondo me il neo-sindaco e gli amministratori in genere sia cefaludesi che palermitani, avevano cercato di darsi da fare per offrire ai turisti dei servizi accettabili. P.e.: per la prima volta era stato istituito un collegamento ferroviario diretto tra l’aeroporto di Punta Raisi (ribattezzato Falcone Borsellino) e Cefalù. Funzionava solo al sabato e nei giorni festivi, ma ha dato davvero molto sollievo a chi entrava in Sicilia o la lasciava. I treni erano nuovi di zecca, molto ben tenuti, puntualissimi, il personale viaggiante era molto cortese ed efficiente. Su questi treni si parlava inglese, i passeggeri essendo gente di tutta Europa e anche dello U.K. Un vero sollievo, per me, essere in Europa.

Ancora: dentro il paese non ci sono semafori; durante la stagione invernale probabilmente non se ne sente la mancanza, ma durante quella estiva, quando Cefalù è rigurgitante di turisti, senza vigili che regolano il traffico agli incroci ci sarebbe il caos. Da alcuni anni vedo che la polizia municipale è impiegata nel mese di agosto a mantenere l’ordine e a evitare il caos. Aggiungiamo che si pone molta cura a mantenere ben pulita la cittadina e a renderla civettuola grazie ai tanti vasi fioriti posti soprattutto nelle aree pedonali. Ma gli aspetti virtuosi finivano lì. Quando si arrivava al contributo dei Siciliani all’incivilimento, intendo dire l’apporto della gente comune, si tornava alla più brutale inciviltà.

Il Decò di Cefalù, supermercato eccellente, ha 4 stalli disabili. Mi è capitato ripetute volte di trovarli occupati tutti e 4 da auto prive del contrassegno disabili, sì, occupati da gente sanissima. Quando entravo nel supermercato a protestare, con le foto delle targhe abusive, la persona dell’ufficio chiamava con l’altoparlante gli abusivi, ma nessuno si presentava; finivano la loro spesa e se ne andavano tranquilli. Io, che spesso sto in piedi solo grazie alla morfina e che sono in ogni caso in terapia antidolore 24 ore su 24 ero costretta ad andarmene, e a mangiare in qualche rosticceria. Il parcheggio del supermercato è privato, dunque la polizia municipale sosteneva di non poterci fare niente. Infine ho deciso di ribellarmi a questo andazzo lurido, a costo di compiere atti o profferire detti peggio che volgari. Se appena trovavo uno stallo libero, non occupato dagli abusivi, spiaccicavo uova sul parabrezza lato guidatore delle auto abusive. Varie volte ho dovuto litigare violentemente contro chi cercava di parcheggiare negli stalli disabili senza averne titolo. Ricordo, tra i molti, un cinquantenne palestrato con Mercedes decappottabile di 2° mano suppongo.  “Lei è disabile in effetti, anche se non ha il contrassegno! Si vede subito che lei ce l’ha floscio, che il suo [coso] è buono solo per pisciare. O usa pannoloni perché è anche incontinente?”. Stupefatti al sentire una donnetta malata, cioè un essere da eliminare e basta, esprimersi con tanta aggressività nei confronti del loro fallo, i bulli rispondevano con pari veemenza e volgarità. Più di una volta ho temuto di essere picchiata. Se non lo hanno fatto è stato solo per evitare la galera. E quante donnuccole cretine a loro volta abusive, a dirmi che erano affette da problemi di salute (come se qualche problema non lo avessero quasi tutti) o semplicemente a urlarmi contro con il viso contratto da smorfie spaventose e a tentare di spintonarmi, fermate solo da qualche impiegata del Decò. Un giorno finalmente parlo con il Direttore del Decò. Mi dice che ci sono in effetti tantissime persone incivili. Provo a richiamarlo alle sua responsabilità: ”Ma tocca a voi prendere provvedimenti atti a evitare che questi bruti possano vessare i disabili, calpestarne i diritti. Scusi, Lei prende provvedimenti anti-taccheggio, no?”. “Signora, non tocca a noi educare questi incivili. Noi quando capiamo che qualcuno ha posteggiato abusivamente nello stallo disabili possiamo solo intimare con l’altoparlante che il veicolo venga spostato”. Non gliene importa nulla al Direttore; piazzare, poniamo, telecamere che inquadrino le auto talché dall’ufficio (che è sempre vicino all’ingresso del supermercato, all’interno) si possa controllare che le auto parcheggiate negli stalli disabili e in quelli per le donne incinte siano autorizzate: questa per il Direttore è una spesa inutile. Alla fine hanno ragione Hitler e il suo antecessore Nietzsche: sterminiamo i sofferenti e i malati cronici.  Ritornata quassù al Nord sono subito andata alla Esse Lunga. Una fila di stalli disabili vuoti quasi tutti, e una guardia armata vicina all’ingresso. Chiedo alla guardia: “Voi cercate anche di evitare che degli abusivi occupino il posto dei disabili?” E la guardia, sorridendomi: ”Un occhio ce lo diamo signora, certo, anche se sorvegliamo l’intero parcheggio”. So benissimo che anche il Nord Italia è Italia purtroppo e non Europa. Però almeno si consente ai disabili di acquistare il proprio cibo al supermercato.

Le strade che portano alla zona collinare sopra Cefalù, meravigliosa per i panorami e per i boschi e boschetti, sono costellate ai margini di sacchetti pieni di rifiuti e di rifiuti sparsi. Il Comune da anni ha organizzato benino il servizio di raccolta della “munnizza”. I camion passano e ritirano al lunedì mattina l’organico, al martedì la plastica, al mercoledì la carta e il tetrapak, al giovedì nuovamente l’umido/organico e al venerdì il vetro, l’alluminio e l’indifferenziata. Tanta gente però mette sulla strada fuori del proprio cancello troppo tardi il sacchetto, oppure mette fuori un sacchetto con i rifiuti sbagliati, che in ambo i casi non vengono allora ritirati. Ci sono anche coloro che mettono fuori tutti i sacchetti insieme, indistintamente. I sacchetti così abbandonati vengono aperti dai gatti e cani randagi e anche dai numerosissimi cinghiali, per cui la “munnizza” si disperde nell’ambiente e lo deturpa orribilmente. Si tenga presente che esistono diverse “isole” alle quali è possibile andare a depositare la propria “munnizza”. Io mi recavo sempre alla più grande, sulla circonvallazione che fiancheggia dall’alto il paese, davanti all’ospedale: anche lì personale cortese ed efficiente.

Sono andata a Palermo ogni tanto, per abbracciare i parenti cari che ho ancora colà. Un giorno che il caldo era sopportabile sono andata a piedi dalla stazione fino a via Principe di Belmonte. Durante la camminata di un paio di km almeno lungo la centralissima via Roma, malgrado il rapimento estatico provato, come sempre, passando davanti alla chiesa di San Domenico, mi sono sentita come a Karachi o a Islamabad: il piacere del sudiciume e della puzza (rivoltante quella delle ascelle), la gioia dell’ammucchiare spazzatura. Tantissimi cestini della spazzatura semivuoti e accanto cumuli e distese di cartacce e di mozziconi di sigaretta. Al ritorno non ho voluto ripetere il supplizio e sono andata lungo via Ruggero Settimo e via Maqueda, cariche di storia, ora zone pedonali gradevoli, congiunte dai  quattro Canti di via Maqueda.  

Tra me mi dicevo, lo confesso: “Un tempo ero felice di venire qui. Ci ho trascorso complessivamente mesi e mesi, abitando dai Gesuiti nel quartiere di Ballarò. Oggi davvero non potrei più malgrado il Centro rechi le vestigia della regalità e dell’aristocrazia superba, rapace e inetta, che abitava negli splendidi palazzi barocchi, intonati alle chiese, meravigliosa anche quella di Casa Professa. Sono nata in questa città ma non la sento più mia. 

E cosa dicevano i miei civilissimi amici, quando parlavo degli orrori compiuti dalla gente comune (non solo dal popolaccio, no) misti alle virtù mostrate dalle Istituzioni? “Qui è così, è così da sempre, non cambierà mai, non può cambiare”: che voglia di sbranarli!!!

Dunque chiudo queste note con un altro encomio alle istituzioni “piccole”.

Gli ultimi giorni prima della partenza sono stati intensissimi di pranzi e cene da fine villeggiatura. Una sera tardi rincaso sfinita e avvinazzata, accostando alquanto l’auto al bordo di pietra che delimita il parcheggio di Annamaria, l’amica che mi ospita, rispetto alla scarpata. Scendo ma mi cade il sacchetto con frigo verre che aveva  contenuto  la granita di limone fatta da me. Mi chino a raccoglierlo, perdo l’equilibrio e il corpo si tuffa a capofitto sulla scarpata. Riesco ad appigliarmi a rami e frasche. Mi ritrovo sdraiata a pancia in giù sul pendio ripidissimo. Urlo a squarciagola per 20 min “Annamaria!!”. Lei non sente. Riesco a prendere lo iphone. Telefono ai miei migliori amici. Emilia afferra l’accaduto, telefona ad Annamaria e contestualmente sveglia il proprio figliolone ultra-quarantenne, che chiama due suoi amici. Annamaria e i tre quasi giovani arrivano tempestivamente. Io stessa, ormai senza forze ma lucida, capisco che solo soccorritori professionali possono tirarmi fuori dai guai. Chiamo il 112. In una ventina di minuti arrivano da Cefalù una squadra di pompieri e una volante dei carabinieri. Frattanto i tre quasi giovani, che si tenevano a una fune da loro stessi portata e legata a una ringhiera, mi puntellano come possono per evitare che io riprenda a cader giù. I pompieri sono bravissimi e delicati (avevo detto della mia patologia pesante). Uno mi prende sulle sue spalle (gli altri mi avevano sollevato) e mi porta fino a un sentiero non stretto che attraversa diagonalmente il dirupo. Lì mi mettono in piedi e mi aiutano a camminare fino al parcheggio. SALVA! e ho solo un graffio. A Berlino non avrebbero fatto di meglio. I pompieri insistono per far salire l’auto medica (pare sia il protocollo se la persona salvata potrebbe essersi fatta male). Arrivano medico e paramedico. Mi controllano i valori (normali), insistono per portarmi all’ospedale. Protesto con la massima sincerità che sto bene e mi permettono di andare a letto. Io non avevo mai avuto intorno a me tanti uomini gagliardi (11) tutti a occuparsi di me. Che esperienza!! Bilancio danni sulla mia persona : contusioni lievi e 1 graffio. Sono stata sotto shock per alcune ore all’indomani, certamente.

Sono una siciliana che non potrebbe più vivere in Sicilia, sebbene abbia amato in gioventù moltissimo questa terra, da cui mi pareva di essere stata strappata con violenza. Ma ora che sono anziana e disabile, a causa di una pesante malattia a carattere inesorabilmente degenerativo, mi chiedo: ma come può vivere in Sicilia un malato, un disabile, che non abbia grande disponibilità economica e nemmeno un parentado che si prenda costantemente cura di lui/lei?