La malattia e i compagni di strada

Non ricordo bene in che modo venni a conoscenza del fatto che anche a Varese esisteva una sezione di Alomar. Ricordo che avevo ricevuto da un anno circa la diagnosi di artrite reumatoide e che avevo cominciato il percorso terapeutico a Varese, presso l’ambulatorio di reumatologia dell’Ospedale di Circolo, con le solite cose: metotrexato, folina. Stavo però malissimo; la malattia mi era stata diagnosticata con un paio di anni di ritardo rispetto alla comparsa di sintomi specifici, perché era partita dalle ginocchia e dunque ero caduta nelle mani degli ortopedici, che avevano una sola fissazione: riabilitare le ginocchia mediante fisioterapia. Lavoravo alla Univ degli Studi di Milano, nella sede tra via Festa del Perdono e via Sforza. Un collega milanese mi disse che al Pini aveva sede la benemerita associazione Alomar, che avrebbe potuto darmi preziosi consigli. Così parlai per telefono con la signora Pisu e le spiegai che stavo malissimo, proprio malissimo, che i dolori non mi davano tregua. Il mio accento sincero preoccupò la signora. Mi chiese dove fossi in cura e quando sentì che ero in cura a Varese mi disse che l’ambulatorio di Varese aveva un buon nome e che anche tra Varese e Luino esisteva una sezione Alomar. Mi mettessi in contatto con i malati reumatici di Varese, a meno che non desiderassi trasferire al Pini a Milano il mio percorso terapeutico.

Così telefonai all’allora presidente Luino-Varese ing. Berardinelli, una persona dolcissima. Egli mi spiegò che Alomar collaborava strettamente con l’ambulatorio varesino presso il quale ero in cura, e che tutti i reumatologi dell’ambulatorio favorivano questa forma di auto-aiuto che si sostanzia nell’associazione e che consente in vari modi a ogni paziente motivato di prendere in mano la propria vita. Così mi iscrissi, direi nel 2013 (anno più, anno meno). Quando Berardinelli si dimise andai all’Assemblea che doveva eleggere il nuovo Presidente. Essendo in regola con l’iscrizione e i pagamenti avevo diritto di voto. Probabilmente fui la sola socia ordinaria senza aspirazione a entrare nel direttivo che presenziò, ma nessuno se ne mostrò stupito. Berardinelli fu molto contento di conoscermi di persona e io di conoscere lui. Chiacchierammo fittamente prima dell’inizio dei lavori e mi raccontò tante cose circa la sua vita con la malattia. Era già parecchio anziano, ed essendo stato colpito dall’artrite quando era ancora relativamente giovane non aveva potuto ricevere le cure di ultima generazione. La sua mano destra era deformata ad ala di uccello. Stavamo seduti in cerchio, i medici dell’Ambulatorio c’erano tutti, compreso il dott. Broggini primario neo-pensionato (mi pare), e l’assemblea elesse come nuovo Presidente la signora Gabriela Rusconi, una persona estremamente motivata, come intuii immediatamente.

Confermai ai medici dell’ambulatorio che ero entrata in Alomar e chiesi loro come potevo fare per conoscere di persona gli altri iscritti affetti dalla mia medesima patologia. Avevo una gran voglia di condividere. I medici mi raccomandarono di prendere parte agli eventi organizzati da Alomar, dei quali, come socia, sarei stata informata preventivamente e in ogni caso tempestivamente. A quel tempo c’era forse solo reumatologia in quella zona del 2° piano. Neurologia è venuta dopo. I volontari di Alomar furono dunque autorizzati a raccogliere le adesioni o i rinnovi annuali in un posticino non lontano dagli studi medici. Che bello rinnovare lì l’iscrizione ed essere acoolta dai sorrisi cordiali delle volontarie! Non mi recai invece quasi mai alle conferenze in cui erano messe a tema le patologie reumatiche e le cure: da un lato ero troppo impegnata lavorativamente, tra la didattica universitaria e la ricerca scientifica, dall’altro lato mi dava una lieve tristezza il sentir parlare della malattia scientificamente. Avevo più desiderio di rapporti umani, che non di informazioni scientifico-dottrinarie. Ognuno ha la sua sensibilità. Alomar organizzò a Varese e dintorni, nel corso degli anni, anche eventi di quelli più adatti a me, come recite teatrali e concerti. Non potei partecipare nemmeno a questi, che peccato, perché le date coincidevano con impegni da me già precedentemente presi.

Frattanto, dato che i miei dolori non venivano arginati dal metotrexato, i reumatologi mi fecero fare un supplemento di esami, i quali rivelarono che l’artrite mia era molto aggressiva, e così mi vennero prescritte le cure biologiche, le quali vengono fornite solo dalla farmacia dell’ospedale, e la terapia anti-dolore 24 ore su 24. L’occasione giusta per me capitò poco tempo dopo l’aggravarsi della malattia e la somministrazione delle tante nuove compresse oltre che del farmaco Humira-adalimumab. Alomar-Varese, in collaborazione con l’ambulatorio di reumatologia, organizzò un corso che si teneva al sabato mattina. Un valoroso giovane fisioterapista specializzato nelle disabilità ci insegnava ad affrontare con il nostro corpo acciaccato situazioni tipiche e banali della vita quotidiana che, per le persone affette da artrite reumatoide sono dolorose (dolore alle articolazioni). Seguimmo il corso in quattro (tutte donne), ognuna lavorativamente molto impegnata. In tre soffrivamo di artrite e una di fibromialgia. Fu bellissimo che ognuna si presentasse alle altre e raccontasse nelle linee essenziali la sua vita da adulta affetta da una patologia cronica a carattere degenerativo e i problemi che doveva affrontare. In particolare, mi lasciò quasi di stucco che tutte e tre quelle affette da artrite fossimo state rese consapevoli del fatto che nei casi come il nostro (pazienti biologiche tutte) l’artrite, dopo avere “spolpato” le ossa dalle cartilagini e mangiucchiato anche i capi ossei, prima o poi aggredisce gli organi interni (cuore, polmoni, fegato) e conduce il malato alla morte, senza che mai si possa attribuire all’artrite la responsabilità diretta del decesso. In ogni modo imparammo a fasciare le impugnature delle posate al fine di alimentarci educatamente senza dolore, imparammo anche a usare una serie di ausilii diciamo ortopedici ma tutti funzionali alle mani, ausilii reperibili nei negozi specializzati, ancora una volta al fine di preservare le mani dal dolore. Simpatizzai in particolare con una compagna di corso un po’ più giovane di me che abitava a Luino. Riuscimmo a incontrarci un paio di volte al sabato e lei conobbe le mie amiche più care, poi la distanza, anche se relativa, pose fine a questo bel rapporto.

Alomar organizza in ogni sua sede, con cadenza in genere annuale, raccolte fondi che servono non tanto a finanziare i costi dell’Associazione quanto ad aiutare gli Ospedali a fornirsi di macchinari utili alla diagnosi e alla cura delle patologie reumatiche. Memorabili le raccolte fondi tra il 2016 e il 2018. A Varese (Presidente la signora Gabriela Rusconi) l’obiettivo, conseguito, era di donare all’Ospedale di Circolo un ecografo osteo-articolare. Nelle domeniche in cui le socie vendevano le piantine di giacinto, che sono, direi, il simbolo visuale di Alomar, dopo la messa correvo in macchina all’atrio dell’Ospedale nuovo e acquistavo tante piantine da donare in tempo reale alle mie amiche in buona salute affinché sentissero il bisogno di informarsi sulle patologie reumatiche, così poco conosciute dai più. Ricordo che un sabato mi trovavo per shopping nel Centro di Varese e avvistai un banchetto con piantine di giacinto nella piazzetta San Giuseppe. C’era un volontario seduto al tavolo e una bella signora bionda in piedi. Riconobbi la prima tra i reumatologi dell’Ospedale che si era presa cura di me, e perciò a me la più cara, la dottoressa Patrizia Balzarini. Cominciammo a chiacchierare tutti e tre, senza omettere di offrire piantine ai passanti. Mi fece bene al cuore: un medico prendeva il freddo, e di sabato! per aiutare Alomar e i suoi volontari: che testimonianza meravigliosa della unità profonda dell’Associazione con i medici curanti!

Di una ultima esperienza mi piace parlare, che è ancora in corso. Pochi mesi fa ho appreso dalla mail circolare della signora Rusconi che sarebbe stato attivato un corso yoga cui partecipare da remoto, del quale sarebbe stata docente responsabile una nostra socia (una dirigente d’azienda) che ha tutte le carte in regola, che ha insomma compiuto la formazione per essere maestra yoga. Scrissi alla signora Rusconi che ero vivamente interessata e la signora mi mise in contatto epistolare (via mail) con Daniela Corda, la maestra. Le ho spiegato la mia motivazione allo yoga: essendo troppo passionale provo intensamente il bisogno di apprendere a non lasciarmi travolgere dalle mie emozioni. Daniela è stata molto comprensiva. È una persona meravigliosamente empatica. Finora ho partecipato a 4 incontri e mi sono trovata sempre benissimo. Ufficialmente siamo iscritte in 5 o 6 ma non accade mai che ci incontriamo in numero maggiore di 4. Ho l’impressione che le altre riescano a rilassarsi più di me, ma non importa. Importa solo che Daniela mi piaccia moltissimo e che la tecnica della respirazione abbia in ogni caso un effetto lievemente sedativo. La maestra ci fa lavorare con cautela, evitando esercizi complicati e procedendo lentamente. A me ha permesso di lavorare stando sul mio lettone, sia perché ho una ernia discale non sopita sia perché ho una protesi totale nel ginocchio dx, il che comporta che non posso stare su un materassino a terra. Dimenticavo: non ci è stata chiesta nessuna somma di denaro per iscriverci. Immagino che faremo una offerta spontanea.  Meravigliosa Alomar!!!